Archivio blog

venerdì 29 luglio 2016

"LUCI D'INVERNO" DI INGMAR BERGMAN: UN VERO VIAGGIO ALL'INTERNO DELLA PSICHE UMANA


Gunnar Bjornstrand in una scena del film
fonte: ivid.it

Cari lettori, torniamo finalmente ad occuparci di uno degli ambiti artistici a noi più cari, il cinema. E tanto per andare sul sicuro, quello che vogliamo consigliarvi quest'oggi è un vero e proprio classico, un film di un regista che senza paura di smentita può essere annoverato tra i massimi esponenti mai esistiti della settima arte.

La pellicola in questione è del 1963, per la regia di Ingmar Bergman, e si tratta di Luci d'inverno.

Come d'abitudine un piccolo cenno introduttivo sul regista. Bergman nasce a Uppsala, in Svezia, il 14 luglio 1918, figlio di un pastore luterano, tratto distintivo che avrà una grande influenza sulla sua cinematografia. A causa dell'educazione severa e rigidissima che riceve, più volte in gioventù Bergman si ritrova a litigare con i genitori, fino a quando, a 18 anni, proprio dopo l'ennesima sfuriata, decide di andare a vivere da solo, e parte per Stoccolma. Qui, dopo un'infelice esperienza all'università, entra in contatto col mondo delle arti sceniche, principalmente teatro e cinema, entrambi fondamentali nel suo percorso professionale. Dirige una piccola compagnia filodrammatica studentesca, scrive i testi di alcuni drammi. Nel 1940, il Teatro dell'Opera lo promuove anche aiuto-regista.
Inizia a scrivere vorticosamente e compone in due anni, ben dodici drammi e un'opera lirica. Il passo dal teatro al cinema non è poi così lungo. Nel 1944 il regista Gustav Molander rimane molto colpito da una delle opere del giovane Bergman e insiste affinché venga adattata per il grande schermo e se ne tragga un film, Spasimo, che esce lo stesso anno, e a cui Bergman collabora come segretario di edizione. Debutterà dietro la macchina da presa due anni più tardi, con Crisi (1946).

Uno dei temi che più ha ossessionato Bergman durante tutta la sua vita è il suo rapporto conflittuale con la religione e, più nello specifico, con Dio. I suoi anni giovanili sono infatti contrassegnati da una continua ricerca della figura di Dio, nella quale Ingmar spera di trovare l'affetto e l'amore di cui sente un disperato bisogno, e che tra le mura domestiche non riesce a conquistarsi. Proprio per questo motivo si avvicina e si appassiona al cinema, che gli permette di rifugiarsi in una dimensione alternativa e ideale, che possa contrapporsi alla fredda e dura vita reale.
Bergman, nei primi anni Sessanta, ormai cineasta affermato, decide di dedicare un trittico di film a questo vuoto esistenziale che si porta dentro sin dall'infanzia e dalla pubertà. Gira pertanto Come in uno specchio (1961), Luci d'inverno (1963) e Il silenzio (1963). Compongono la trilogia, dalla denominazione eloquente, "del silenzio di Dio".

Noi abbiamo deciso di concentrarci sulla seconda parte della trilogia, Luci d'inverno. La vicenda si svolge interamente nell'arco di una sola giornata e vede come protagonista il pastore luterano Tomas Ericsson, interpretato da uno degli attori-feticcio di Bergman, Gunnar Bjornstrand, che attraversa una profonda crisi esistenziale e di fede, in seguito alla morte dell'amata moglie. Gli ruotano intorno due importanti figure: Marta, una maestra elementare infatuata di Tomas, incarnata dalla splendida Ingrid Thulin, e il pescatore Jonas Persson, un giovane Max Von Sydow, attanagliato da un profondo malessere interiore dovuto alla paura di una guerra nucleare, o più banalmente dalla responsabilità connessa alla nascita ormai vicina di un terzo figlio. Non vogliamo anticipare qui tutte le direzioni che la situazione prenderà, per non rovinarvi la visione.

Il pastore Tomas avrà però modo di rendersi effettivamente conto di non essere più in grado di aiutare i suoi fedeli, e questo perché è lui in prima persona ad avere grosso bisogno di aiuto. Ciò che più lo spaventa non è il non avere più fede in Dio, ma non avere più fede nella bontà, benevolenza e misericordia di quest'ultimo. L'insicurezza la fa ormai da padrona in Tomas, che aveva consacrato la sua intera esistenza all'amore per la sua donna; morta lei, l'uomo cade in un vortice di inutilità dal quale capisce di non riuscire a sottrarsi. Il finale enigmatico non fa che accentuare il senso di incertezza e dubbio che aleggia per tutto il film. Bergman la rappresenta attraverso la meravigliosa fotografia di Sven Nykvist, che contrappone in maniera eccezionale la luce sui volti dei personaggi, che in fondo si vogliono credere toccati o protetti da una mano superiore, a un paesaggio nordico invernale ricoperto da una spessa e indecifrabile coltre di nubi che quella stessa mano superiore non riesce a scalfire.

Insomma, Bergman con questo film si propone di mettere in scena gli eterni conflitti che accompagnano fin dalla notte dei tempi l'uomo nella sua relazione con il divino: e fa capire come anche chi occupa una carica riservata a chi quei dubbi li ha chiariti fino in fondo, può ricadere nelle stesse contraddizioni, esternando una sensibilità e una fragilità che, spesso fatichiamo ad ammetterlo, sono parte integrante del nostro essere. Bergman lo ha capito, e non si azzarda per questo motivo a sputare sentenze o ad emettere giudizi manichei o altezzosi, ma si limita a scavare fin nei più profondi recessi dell'anima, come solo lui (davvero) era in grado di fare.

E' evidente che Luci d'inverno non è un film semplice, che si può guardare sgranocchiando pop-corn e messaggiando su WhatsApp. Richiede un impegno e uno sforzo mentale non indifferente, come ogni opera d'arte di vero valore del resto; contiamo che gli dedicherete l'attenzione che merita, perché siamo davvero dalle parti del capolavoro. Per chi non arriva a comprenderne la potenza evocativa e l'intensità emozionale, ci sono sempre i libri degli ottimi Nicholas Sparks o Federico Moccia. A voi la scelta.

Mente libera, occhi aperti
                                            Lo Sciacallo, Marcus L.Mason


lunedì 25 luglio 2016

LO SCIACALLO INTERVISTA BRUNO MAUTONE: "RINO GAETANO E' STATO UCCISO"



Altra grande esclusiva dello Sciacallo. Questa volta Marcus L. Mason ha deciso di occuparsi della vicenda che riguarda l'omicidio di Rino Gaetano. Il cantautore crotonese, infatti, sarebbe stato ucciso dalla Massoneria deviata a causa di alcuni testi ritenuti pericolosi per il potere dell'epoca. Lo sostiene l'avvocato Bruno Mautone, autore dei saggi "La tragica scomparsa di un eroe" e "Chi ha ucciso Rino Gaetano?". L'avvocato campano ha svolto lavoro eccellente, analizzando a fondo numerosi testi dell'artista, arrivando a svelare particolari inquietanti mai resi pubblici. Del resto le sue conclusioni coincidono con quelle di Paolo Franceschetti, uno dei primi in Italia ad aver sollevato dubbi e sospetti sull'incidente stradale che quel maledetto 2 giugno 1981 costò la vita al grande artista.

Ci teniamo in maniera particolare a ringraziare Bruno Mautone per la grande disponibilità e il tempo concessoci. Gli facciamo un ulteriore in bocca al lupo per il suo lavoro. Qui sotto il link per ascoltare il nostro colloquio con l'avvocato Mautone.

https://www.youtube.com/watch?v=lkkq66l9LyA


venerdì 22 luglio 2016

PERCHE' LA MAGGIOR PARTE DELLE FONTANE SONO A BOCCA DI LEONE?


                                         Fonte foto: Wikipedia

La nostra esistenza è attorniata da simboli. A volte ce ne accorgiamo, altre no. Eppure sono dappertutto: nei simboli dei partiti politici, nelle pubblicità, nella musica, nel cinema . Ogni simbolo porta con sé un significato e, come spiega brillantemente il nostro amico Gianfranco Carpeoro, un grande simbolista, rappresentano un archetipo. Il simbolo ha come scopo quello di farci fare due processi: uno non razionale e uno razionale, meno immediato. Il primo caso è rappresentato dal dado: a seconda di come si dispongono i punti, noi siamo in grado di percepire il numero senza avere la necessità di dover contare; e questo è possibile proprio perché conosciamo la disposizione dei punti di tutte le facce del dado. Nel caso fossero disposti diversamente, verrebbe meno questa immediatezza.

Il simbolo si trasmette per iniziazione, quando al momento della trasmissione i contenuti vengono svelati e spiegati al soggetto definito “iniziato”, o per tradizione, quando viene invece trasmesso solo lo schema, senza nessuna spiegazione. Nel primo caso abbiamo sia la scatola che il contenuto, nel secondo solo la scatola. E qui nasce il problema, perché nel secondo caso, viaggiando da generazione a generazione, spesso si finisce per dimenticare ciò che conserva la scatola, perché risulterà sempre più complesso decifrarne il contenuto, anche se basterebbe aprire la scatola.

Entriamo ora nel nocciolo della questione. In una conferenza tenutasi a Milano nel 2011, Carpeoro ha spiegato l’origine del simbolo del partito Comunista, la Falce e il Martello, e il suo significato: il simbolo è stato ideato da un massone della loggia tre globi di Berlino (che con la garanzia del Gran Maestro della massoneria sovietica, Lev Trockiy, ha finanziato la rivoluzione di ottobre), ispirandosi allo schema del simbolo della Massoneria, Squadra e Compasso, che molti massoni moderni nemmeno comprendono il significato. La Falce e il Martello stanno ad indicare rispettivamente le classi contadine e operaie, che più di tutte risentivano dello sfruttamento della società capitalista, e che dovevano perciò prendere coscienza della loro condizione di classe, unendosi e lottando per costruire una società basata sull’ideale comunista.  Per quanto riguarda il significato della Squadra e del Compasso vogliamo fare un giochino simpatico con voi: scriveteci nei commenti (sul blog e sulla nostra pagina Facebook) qual è secondo voi il significato di questi due simboli.

Ora, però, è il momento di svelarvi il mistero delle fontane a bocca di leone. Addirittura un’intera città, Venezia, è fondata su questa simbologia. La spiegazione, ancora una volta, ce la fornisce Gianfranco Carpeoro, nel suo romanzo “Il volo del Pellicano”. Nel romanzo si cita un passo di “Geroglifici”, un opera di Orapollo scritta in lingua greca, presumibilmente nel V secolo d.C:

Un leone perché il Sole, quando è in congiunzione col Leone incrementa la piena del Nilo e, durante il periodo in cui esso rimane in questa costellazione, le nuove acque spesso raggiungono il doppio del livello consueto. E’ per questo motivo che gli antichi sovrintendenti alle opere sacre costruivano a forma di leone i canali e le condutture delle fontane sacre, e per lo stesso motivo, ancora oggi in campagna, per propiziarsi una piena abbondante, il vino raccolto nei tini è fatto uscire da rubinetti a forma di leone”.

Ma non finisce qui, perché l’origine del leone è ancora più antica, e affonda le sue radici nella Bibbia e in molte altre tradizioni. Per chi deciderà di proseguire nelle ricerche, alla maniera di Giulio Cortesi nel libro sopracitato, scoprirà un altro aneddoto molto singolare: il periodo in cui viene collocato il “Diluvio universale” (su questa denominazione ci sarebbe da discutere), guarda combinazione, non solo coincide con la costellazione del Leone, ma veniva identificato proprio con l’era del Leone.
Dalla bocca esce la parola, il segno e simbolo. Se è segno, la parola non significa nulla. Se invece è simbolo, significa tutto” Carl Gustav Jung

Mente libera, occhi aperti
                                             Lo Sciacallo, Marcus L. Mason








domenica 17 luglio 2016

IL FALLITO COLPO DI STATO DI ANKARA: DRAMMA INASPETTATO O SOTTILE STRATEGIA POLITICA? E' L'ISLAM IL VERO NEMICO?


fonte: it.euronews.com

Cari lettori, a chiudere quella che può senza mezzi termini essere definita una settimana da incubo, è arrivato il tentativo di colpo di stato in Turchia, con il quale si intendeva rovesciare il regime di Recep Tayyip Erdogan.

Ma siamo proprio sicuri che gli avvenimenti di Ankara non nascondano dei significati decisamente differenti da tutto quello che ci è stato raccontato, la solita drammatica ed elementare versione ufficiale da gettare in pasto al popolo minuto? Non sono tanto le dinamiche effettive della notte di Ankara che ci insospettiscono, quanto le conseguenze sul piano politico internazionale, e soprattutto il fatto che, ad un'attenta disamina seppur elaborata a posteriori (troppo facile, lo comprendiamo, ma necessaria a questo punto...), le tragiche ore turche di venerdì sera erano probabilmente destinate a consumarsi da tempo. Ma andiamo con ordine.

Ieri, il giorno successivo al fallito golpe, è apparso un interessantissimo articolo su un blog italiano, maestrodidietrologia, che sostiene una tesi alternativa che ha da subito incuriosito noi dello Sciacallo. Ci teniamo enormemente a premettere che la nostra linea editoriale non è dettata che dal nostro pensiero e dalle opinioni che noi ci facciamo osservando ciò che ci accade intorno. Non siamo tenuti, né intendiamo certificare e supportare tout court qualsiasi teoria o versione di qualunque fatto soltanto perché proveniente da una fonte (che si tratti di un blog, come in questo caso, o un giornalista o quant'altro) dichiaratamente complottista, termine che non ci piace e in cui non ci riconosciamo, ma che ahimé è entrato nel linguaggio comune per identificare tutti coloro che credono che i governi più potenti della Terra nascondano parecchie informazioni ai cittadini...

E difatti, troviamo che l'apprezzabile pezzo del blog sopracitato (ecco il link dell'articolo: http://maestrodidietrologia.blogspot.it/2016/07/mamma-li-turchi-son-tanto-cattivi-e-fan.html), in alcuni tratti esageri. Ma su un punto, in particolare, non possiamo che sottoscrivere totalmente. Questo golpe ha rafforzato il regime (termine che rende perfettamente l'idea) di Erdogan. La tecnica del finto colpo di stato atto in realtà a rafforzare il potere autoritario è vecchia come il mondo. L'effetto psicologico sulla popolazione è tanto semplice e banale quanto maledettamente efficace; il dittatore o il potente di turno invoca, quasi mettendosi il ginocchio, l'aiuto e il sostegno della gente comune, sollecitandola a compattarsi per respingere la minaccia incombente, per poi ergersi a comandante e guida di quel popolo fiero e caparbio che ha riconquistato la sua identità ed è ormai pronto a rischierarsi obbediente sotto la sua egida.

Per chi decide di andare oltre il solito velo della distorta informazione di massa, aggiungiamo che il regime instaurato da Erdogan fa parte di quel sistema internazionale occulto che si occupa di finanziare materialmente il Califfato dell'Isis. E in effetti, se ci ragionate un momento, quello che si è verificato in Turchia non è altro che la versione in scala ridotta dello scacchiere politico mondiale di questo periodo storico. Non serve che ribadiamo ulteriormente che chi di dovere sta lavorando ormai da anni per mettere in atto quello che è chiamato Nuovo Ordine Mondiale (NWO); chi ci vuole credere lo faccia, altrimenti è libero di spernacchiarci. Brevemente e semplificando, l'Islam è stato scelto come il Nemico, tutto ciò che deve essere odiato e combattuto, con la motivazione che sono loro ad odiare noi (ma poi, quale noi?), sin dalla notte dei tempi. Tutto ciò è magnificamente spiegato dalla propaganda xenofoba e razzista che si è insinuata nella nostra società da più di mezzo secolo, anche grazie all'opera compiuta da pensatori come Oriana Fallaci, incredibilmente e inspiegabilmente glorificata e incensata da qualsivoglia fonte giornalistica e non (talvolta anche dalla sinistra, e questo ci spaventa...).

Ma fermatevi a riflettere anche solo per un istante. Le Crociate, il primo grande scontro tra Islam e Cristianesimo, chi le ha promosse e finanziate? Per questioni di fede o di altra natura? Quando l'Impero Ottomano tra la metà del Quattrocento e la metà del Seicento si è pian piano espanso fino a penetrare nel cuore dell'Europa seminando morte e distruzione e fermandosi solo alle porte di Vienna, ha forse fatto qualcosa di diverso dai Romani circa 1500 anni prima? Avete mai sentito qualcuno coprire di insulti e ignominia la civiltà e la cultura dell'Antica Roma? E, per arrivare più vicini a noi, nel XX secolo, nazioni come Pakistan, Afghanistan e Iran sin dagli anni Ottanta sono stati rispettati in quanto stati sovrani dalle potenze occidentali? Non ci vogliamo poi soffermare sul 11 settembre; crediamo che dopo 15 anni tutti siano in grado di comprendere come sono andate realmente le cose.

Attenzione, non sosteniamo che l'Isis non esista; esiste eccome, ma agisce in nome di cosa? Per conto di chi? Queste sono le vere domande che dobbiamo farci, e allontanarci dalla mentalità manichea e     
colpevolista che sono stati bravi ad inculcarci negli anni. Non esistono buoni o cattivi, ci dispiace per chi vive ancora nella speranza che basti espellere qualche immigrato arabo o afghano o pakistano o marocchino ogni tanto (quando l'opinione pubblica è più attenta, magari proprio dopo un attentato...) per scongiurare il pericolo. Continuate pure a vivere nella vostra bolla di sapone. Qui siamo di fronte a poteri forti che non si fanno problemi a sacrificare inopinatamente persone innocenti che un giorno di fine estate erano andate in ufficio a lavorare, che erano andate una sera a sentire un concerto o al ristorante, che dovevano prendere un aereo, o che una calda sera di mezza estate avevano deciso di concedersi un gelato passeggiando su un lungomare.

Mente libera, occhi aperti
                                           Lo Sciacallo, Marcus L.Mason


venerdì 15 luglio 2016

ALCUNE RIFLESSIONI SULL’ATTENTATO DI NIZZA: PERCHE’ L’ISIS COLPISCE SOLO I CIVILI?


                                                 Fonte foto: Wikipedia

Ieri la Francia ha festeggiato il 227esimo anniversario della presa della Bastiglia: questa vicenda storica è fondamentale per il paese transalpino, visto che diede il via alla Rivoluzione francese. Come ben saprete, però, a Nizza la festa è stata rovinata da un attentato che ha generato circa 84 morti: alle 22:30, proprio nel momento in cui la folla si era radunata per assistere allo spettacolo dei fuochi d’artificio sulla Promenade des Anglais (il viale del lungomare di Nizza), un camion si è lanciato a tutta velocità sul pubblico, compiendo persino manovre a zigzag per garantirsi più vittime possibili. La folle corsa si è conclusa quando i poliziotti sono riusciti ad uccidere il conducente, Mohames Lahouaiej Bouhlel, un tunisino di 31 anni in apparenza affiliato allo Stato islamico dell’ISIS.

Ovviamente si capisce sin da subito che dietro all’attentato c’è dell’altro; i lettori del nostro blog ormai saranno al corrente delle manovre politiche e criminali che si nascondono dietro a qualunque attentato, sia esso di matrice religiosa o politica. Detto questo, però, non possiamo non notare delle stranezze davvero curiose che nessun giornale ha voluto evidenziare: tutti gli attentati compiuti finora hanno avuto come vittime esclusivamente degli ignari cittadini. Il fatto è molto inquietante, perché da quanto emerge, lo Stato islamico sembra prendersela con i civili, ma al contempo lamenta dei continui attacchi operati dalle forze militari associate alla NATO, e delle forze politiche che le manovrano. Finora nessuna sede istituzionale è stata colpita: consolati e caserme non vengo minimamente impensierite, nemmeno di striscio. Negli attentati che hanno sconvolto il Bangladesh (un paese a maggioranza musulmana), si è detto che gli attacchi erano pervenuti in una zona limitrofa all’ambasciata italiana, eppure,  nessuno dei diplomatici è stato colpito.

Precisiamo subito un punto: queste sono solo riflessioni che ci poniamo al termine di un’analisi approssimativa. Il nostro intento non è quello di “gufare” affinché i “terroristi” colpiscano nelle sedi delle ambasciate. Ci limitiamo solo a segnalare questo particolare curioso. Allo stesso modo proviamo a capire, a caldo, le ragioni che hanno condotto a questo attacco. E’ evidente come i francesi negli ultimi mesi siano sotto tiro di qualche cecchino dell’economia: se pensiamo agli scontri tra tifosi che hanno causato dei decessi durante l’europeo di calcio, e li uniamo a questi attentati dell’”ISIS”, ci pare di intuire come il potere stia cercando di mettere “sotto scacco” Hollande e il suo governo. La legge del lavoro ha creato, giustamente, molti malumori tra i proletari francesi che, di comune accordo con i sindacati, si sono riversati nelle piazze a protestare, mentre in alcuni casi si è registrato addirittura un’occupazione delle raffinerie. Come abbiamo già detto prima, al momento risulta difficile comprendere la natura di questi attentati, e solo il tempo potrà rispondere ai nostri quesiti sulla base degli effetti prodotti sul tessuto sociale.

Noi ci chiediamo come possano accadere eventi di questo tipo, per giunta in uno Stato come la Francia, uscita ferita dagli attacchi di novembre e che, per tale motivo, avrebbe dovuto essere in stato di allerta assoluto. Davvero non riusciamo a comprendere le dinamiche: come fa un ragazzo qualunque ad evitare il controllo sulla base di una scusa puerile (avrebbe detto alla polizia che trasportava gelati) in un momento delicato come questo? E perché si è deciso di procedere con una dinamica d’impatto così “banale”, specialmente se si pensa a come hanno operato in altre circostanze? Come vi abbiamo accennato prima, ricordiamo che in Francia è in corso una battaglia vera e propria che vede schierati sindacati e lavoratori da una parte, e il  governo dall’altra. E se questo attentato fosse una manovra politica per spegnere i focolai di protesta e richiamare la popolazione all'unità nazionale in funzione antiterrorista?  Solo il tempo chiarirà i nostri dubbi. O forse no...


Mente libera, occhi aperti
                                                Lo Sciacallo, Marcus L. Mason


martedì 12 luglio 2016

RENZI GAME OVER: INIZIA L'ERA DI MAIO?



                                              Fonte foto: Wikipedia

In questo articolo analizzeremo l’attuale situazione politica italiana e i suoi possibili scenari, ipotizzando un eventuale cambio al timone del governo italiano. Cominciamo col dire che chiunque abbia imparato a conoscere i meccanismi del potere, avrà cominciato a decifrarne i messaggi, i segnali e le mosse politiche che ne determinano il cambiamento nei vertici o nei soggetti politici individuati per governare una nazione. Così come era evidente con molti mesi di anticipo che Matteo Renzi avrebbe assunto la guida dell’Italia, allo stesso modo risulta quantomeno ipotizzabile un’imminente caduta del governo presieduto dall’ex sindaco di Firenze.

Se lo scandalo Boschi aveva destato qualche scossone, oltre che molto clamore a livello mediatico, ora il segnale più evidente del cambiamento è dato dalle sconfitte incassate dal PD nelle recenti elezioni amministrative: Roma e Torino sono in mano ai grillini, mentre a Napoli si è riconfermato De Magistris, acerrimo rivale di Renzi. Ma come se non bastasse, Renzi deve fare i conti con l’ascesa di Luigi Di Maio, ormai di fatto il nuovo leader del movimento di Beppe Grillo e, molto probabilmente, come riferisce il nostro amico Gianfranco Carpeoro, il probabile successore di Renzi. I riflettori sono ormai tutti puntati su di lui, sulle sue amicizie internazionali, con particolare enfasi sulle sue ultimissime esternazioni di condanna del Brexit (ma il partito di Grillo non era favorevole?). La verità è che dietro al Movimento Cinque Stelle c’è la regia neanche troppo occulta degli Stati Uniti, che riservano per l’Italia un futuro da gattopardismo assoluto, e presto comprenderete i motivi di tutto ciò.

Nell’ultima intervista rilasciata ai microfoni della trasmissione “Border Nights” condotta da Fabio Frabetti (e a cui partecipa come ospite fisso un altro nostro amico, Paolo Franceschetti) , l’ex Gran Maestro ha spiegato come in realtà l’esito del Brexit non avrà alcuna ripercussione sull’Unione, anche perché, come vi abbiamo spiegato in un articolo pubblicato a poche ore dal Brexit britannico, il Regno Unito non ha mai fatto realmente parte dell’UE, visto che non si è mai separato dalla Sterlina. Parlando invece dell’Italia, Carpeoro ha giustamente fatto notare come il prossimo premier sia già stato individuato: il nome, come vi abbiamo anticipato, è ovviamente quello di Luigi Di Maio. Sempre secondo quanto affermato dall’ex Gran Maestro, il parlamentare grillino avrebbe intensificato gli incontri col consolato americano, quindi, la sua salita al governo appare ormai imminente, e con ogni robabilità, aggiungiamo noi, avverrà dopo il referendum di ottobre che, sempre a detta nostra, segnerà il fallimento della politica di Renzi (vi ricordate cosa disse qualche tempo fa l’attuale premier proprio a proposito di una eventuale sconfitta nel referendum?). Sostanzialmente il Movimento Cinque Stelle costituisce una  carta di riserva da utilizzare in caso di sconfitta del PD. Carpeoro spiega come questa mossa, ordita dalla massoneria reazionaria americana, serva agli statunitensi per ripagare il loro debito pubblico posseduto dalla Cina.

Ma gli USA si fanno mettere i piedi in testa dai “comunisti” cinesi? Certo che no, anche perché gli USA vogliono riappropriarsi in breve tempo della loro sovranità, e hanno già fatto immobilizzare l’espansione economica della Cina. Ma non solo, perché oltre a questo, vogliono impedire alle nazioni che tengono sotto braccio di potersi liberare dalle loro prigioni. L’Italia chiaramente fa parte della NATO, e non può permettersi di staccarsi dalla sfera di controllo yankees. Ma del resto, sono o non sono gli Stati Uniti d’America? Questa analisi impeccabile fornita da Gianfranco Carpeoro, è l’ennesima riprova di come l’imprevedibilità, la casualità e tutte le altre variabili che vanno poi a definire i nuovi assetti politici di uno Stato siano in realtà studiate a tavolino con largo anticipo, in modo tale da evitare di farsi trovare realmente impreparati. Il possibile avvento di Di Maio non risolverà alcun problema. Di Maio è l’ennesima pedina messa in piedi da un sistema marcio e corrotto che si pone come unico scopo quello di far ingrassare la grande finanza mondiale. Mai e poi mai gli interessi dei cittadini vengono messi al primo posto. Tenetevelo bene a mente.

Mente libera, occhi aperti
                                                Lo Sciacallo, Marcus L. Mason


martedì 5 luglio 2016

BENNY GOODMAN: L'ELVIS PRESLEY DELLO SWING

                                          Fonte foto: Wikipedia

La musica è come sempre uno degli argomenti preferiti da Marcus L. Mason. Nell'ultimo appuntamento vi abbiamo parlato dei SOAD, oggi, invece, vogliamo parlarvi di uno dei più grandi artisti Jazz, in particolare dello Swing, un sottogenere di musica jazz nato negli anni '30 e famoso per il suo ritmo saltellante, che lo ha reso appetibile anche per una platea poco avvezza a questo genere di musica popolare ma allo stesso tempo colta. Quando si parla di swing è impossibile non citare Benjamin David Goodman, meglio noto come "Benny" Goodman. Nato a Chicago il 30 maggio 1909 da una famiglia ebrea di discendenze russe, Goodman si è distinto col suo clarinetto, suonato con una eleganza e una raffinatezza impressionante, diventando ben presto uno dei migliori artisti degli anni '20, in una Chicago che proprio in quegli anni stava diventando la nuova capitale della musica jazz, grazie all'arrivo nel 1922 del trombettista Louis Armstrong, proveniente da New Orleans, patria del jazz.

Goodman ebbe la fortuna di essere indirizzato agli studi musicali proprio dal padre. Studiò con F. Schoepp, un immigrato tedesco che insegnava al Chicago Musical College, dal quale apprese ogni regola musicale, tanto da prendere parte, a soli dodici anni, all'orchestra del teatro della città. Con l'avvento della grande crisi del '29, Goodman decise di tornare a comporre musica da ballo, fondando un'orchestra, e suonando con uno stile jazzistico tipico delle band di Chicago. Proprio in quel periodo fu notato dal batterista Ben Pollack, che lo invitò a unirsi alla sua orchestra. Nel 1932 incise i suoi primi brani, e due anni dopo cominciò a pubblicare dischi con il proprio nome, esibendosi con la propria orchestra formata da tanti grandi nomi del jazz (come i trombettisti Harry James e Joe Triscari), fondando tra l'altro il "Benny Goodman Quartet", dove unì altri grandi professionisti del genere.

Per molti critici musicali Goodman è stato uno degli artisti che ha traghettato la musica jazz dallo stato originale allo swing. Per altri ne è il Re, un po' come lo è Elvis Presley per il Rock 'n roll. Queste sono considerazioni lecite ma discutibili, e su cui vale spendere qualche parola. Nessuno può dire con assoluta certezza chi sia stato il migliore. Possiamo però stabilire con assoluta sicurezza che Benny Goodman non è stato il fondatore dello swing, così come Elvis non ha fondato il rock 'n' roll. Lo swing si è sviluppato soprattutto grazie ai lavori di Count Basie (la cui musica sentì di numerosissime influenze blues) e Duke Ellington (che diede un tocco anche di musica sinfonica), entrambi afroamericani; mentre per il rock, tra i fondatori si possono citare altri musicisti afroamericani come Bo Driddley e Chuck Berry. Come per Elvis, però, anche Goodman contribuì a infrangere le barriere razziali, avvicinando i bianchi alla musica nera. I bianchi, quindi, riuscirono a trovare due artisti da erigere a Re in una musica dominata da neri (lo stesso discorso vale per Eminem nell'Hip Pop).

Questo non significa che i musicisti neri siano sempre superiori ai colleghi bianchi, anche perché con la definizione di Re dello swing non si vuole per forza riferirsi al più grande del genere, anche se spesso passa questo concetto. Poi, come ovvio che sia, i gusti sono gusti, e una persona può preferire Goodman a Basie piuttosto che ad Ellington. In fondo si sta facendo un confronto tra grandi artisti, e se Goodman non lo fosse stato, non avremmo mai perso del tempo prezioso per dedicargli una biografia. Goodman è stato fondamentale per lo sviluppo di questo genere, e i suoi lavori hanno contribuito notevolmente a rinnovare lo swing. Tra i suoi grandi classici possiamo citare una sua versione di Sing Sing Sing. Benny Goodman è morto a New York il 13 giugno del 1986.

E allora godiamoci la sua musica, ascoltandoci un "Best Of" tratto da youtube. Più Goodman e meno Modà. Buon ascolto.


                                        Youtube, Jazz n'Blues Experience

Mente libera, occhi aperti
                                                 Lo Sciacallo, Marcus L. Mason




sabato 2 luglio 2016

LA BIBLIOTECA DELLO SCIACALLO: "LA SCELTA DI SIGMUND" DI CARLO A.MARTIGLI


fonte: qlibri.it

Cari lettori, è arrivato il momento di tornare ad occuparci di libri. Invece del solito romanzo rosa o dei soft-porno che vanno tanto di moda, noi dello Sciacallo vi consigliamo di portare sotto l'ombrellone l'ultima fatica di un autore italiano, magari poco conosciuto alle masse, ma che noi stimiamo moltissimo, Carlo A.Martigli. Il libro è intitolato La scelta di Sigmund.

Carlo A.Martigli ci aveva già stupito, sfornando quelli che possono essere tranquillamente annoverati tra i migliori romanzi storici degli ultimi anni; infatti, la sua trilogia sulle vicende della famiglia de Mola, soprattutto nei primi due capitoli, fu sorprendente. In 999 - L'ultimo custode, l'autore compone un affascinante ritratto di un personaggio estremamente controverso e tuttora discusso, Pico della Mirandola, esponendo la sua versione sul pensiero e sulla filosofia del genio italiano. Interessante è anche la vicenda che si colloca negli anni '30 del Novecento, con gli ultimi eredi dei de Mola occupati a conservare il grande segreto di Pico.
Già da questo romanzo, non abbiamo potuto fare a meno di notare la dimestichezza di Martigli con
un certo tipo di simbologia e riferimenti. Il libraio de Mola era infatti a capo di un'organizzazione segreta di nome Omega che si riuniva nell'accademia dei Georgofili a Firenze...

Nel seguito, intitolato L'eretico, interamente ambientato negli ultimi anni del XV secolo, dopo la morte di Pico, i suoi amici Ferruccio de Mola e Leonora tentano di proseguirne l'opera, scontrandosi con le trame di papa Borgia da Roma e con gli intrighi del figlio di Lorenzo il Magnifico, Giovanni de' Medici, il futuro papa Leone X. Ma arriverà qualcuno dall'Estremo Oriente...

Ci capiterà di fare nuovamente riferimento a questo testo, ma concentriamoci ora sul libro che vogliamo suggerirvi. Questa volta, come in 999, Martigli sceglie come protagonista un personaggio storico di fama mondiale, nientepopodimeno che il fondatore della psicanalisi, Sigmund Freud.
Nel 1903 Freud viene convocato a Roma dal morente papa Leone XIII, che, ammiratore dei suoi studi, decide di affidargli un incarico importante. In Vaticano si è appena consumata una disgrazia: una giovane ragazza e una guardia svizzera sono morti suicidi per essersi lanciati da una balconata del palazzo pontificio. Leone è però insospettito, e ritiene che uno tra i suoi collaboratori più stretti, il cardinal decano Luigi Oreglia di Santo Stefano, il segretario di Stato Mariano Rampolla del Tindaro, o il giovane porporato spagnolo Joaquin de Molina y Ortega, possano essere coinvolti nel fattaccio. Freud deve di fatto "psicanalizzarli" per riuscire a individuare chi ha qualcosa da nascondere. Ma sarà solo questo l'obiettivo del papa...?

Il libro è strutturato come un thriller, e Martigli fa centro, disegnando un Vaticano di cento anni fa che pare davvero un covo di sanguisughe, ognuno pronto a fare lo sgambetto all'altro per salire un gradino in più nella scalata al soglio di Pietro, quasi una sorta di House of Cards vaticana. I personaggi, specialmente gli ecclesiastici di alto livello (realmente esistiti, non sono nomi di fantasia), appaiono viscidi e trafficoni, un po' come forse sono ancora oggi.
Ma, un'altra volta, l'autore ci scombussola inserendo dei piccoli (e neanche troppo) input all'interno dell'intreccio. Da notare che la ragazza che muore nelle prime pagine del romanzo si chiama, ebbene sì, Rosa. Sottolineiamo anche come Martigli riveli senza problemi l'iniziazione massonica di Freud, ribadita in più di un'occasione, ma non solo. Viene esplicitamente affermato che il Segretario di Stato vaticano, Rampolla del Tindaro, fosse un massone. Ricordiamo che la Chiesa Cattolica, fino alla seconda metà del XX secolo, ha sempre avversato apertamente la Massoneria, e di come, lo ripetiamo, il personaggio in questione sia realmente esistito.
E infine, qualcosa di veramente affascinante. In un momento del libro, Leone XIII afferma di aver corrotto uno studioso russo, Nikolaj Notovich, affinché rinunciasse a pubblicare un suo libro, Gli anni perduti di Gesù, incentrato appunto sull'adolescenza e la giovinezza di Cristo, da sempre avvolta nel mistero. Nella parte più affascinante ed emozionante de L'eretico, Martigli racconta proprio quella storia (che non vi riveliamo, leggete il libro!), con una minuziosità allarmante nei dettagli. Non potrebbe forse l'autore toscano aver avuto accesso al testo di Notovich, e averlo poi diffuso tramite il suo romanzo?

Ma stiamo uscendo dal seminato. Vi consigliamo La scelta di Sigmund perché è innanzitutto un bel libro, scritto da un uomo che sa fare questo mestiere. E che se ne intende parecchio di Massoneria e affini...

Mente libera, occhi aperti
                                             Lo Sciacallo, Marcus L.Mason