fonte: asterischi.it |
Cari lettori, siamo tornati per dedicarci nuovamente al cinema, tra le forme d'arte che lo Sciacallo apprezza maggiormente. Quella che vogliamo consigliarvi quest'oggi è una pellicola molto particolare, una vera e propria pietra miliare del suo genere: si tratta de L'impero dei sensi, inizialmente distribuito come Ecco l'impero dei sensi, del 1976, diretto da Nagisa Oshima.
Siamo grandi ammiratori del cinema orientale (consigliammo qualche tempo fa lo splendido Memories of Murder di Bong Joon-ho: http://sciacallo2.blogspot.it/2016/05/memories-of-murder-di-bong-joon-ho.html), e nello specifico delle pellicole del paese del Sol Levante, il Giappone. Indiscutibilmente, Nagisa Oshima è uno dei più importanti rappresentanti del cinema nipponico classico, accanto a mostri sacri come Akira Kurosawa (di cui presto parleremo) o Yasujiro Ozu, oltre ad essere il più visionario e anti-conformista.
Oshima nasce nel 1932 a Kyoto; dopo la lauree in diritto e scienze politiche, cambia completamente il suo percorso di vita e si avvicina al cinema, lavorando come aiuto-regista per la casa di produzione Shochiku, parallelamente all'attività di critico cinematografico, che prosegue fino al 1959, quando esordisce dietro la macchina da presa con il poco visto e poco apprezzato Il quartiere dell'amore e della speranza. Ma è un insuccesso passeggero, poichè i successivi tre film sono delle tappe fondamentali della nuova ondata, o new wave, del cinema nipponico, caratterizzati da forti componenti di critica politica e sociale, in anni in cui il Giappone era preda di tutta una serie di tumulti volti a protestare contro una nazione ancora troppo attaccata a valori ormai superati, e poco propensa ad aprirsi alle novità della seconda metà del Novecento. I film, tutti grandi successi di pubblico e critica sono Racconto crudele della giovinezza, Il cimitero del sole, e Notte e nebbia del Giappone, tutti e tre usciti nel 1960. Non possiamo non citare anche il magnifico L'impiccagione del 1968, pellicola dai chiari rimandi al teatro dell'assurdo europeo, e per finire, il film forse più famoso e conosciuto di Oshima, Furyo, vincitore della Palma d'Oro a Cannes nel 1983, interpretato da David Bowie, dal celebre musicista Ryuichi Sakamoto (autore anche della bellissima colonna sonora) e da un giovane e ancora misconosciuto Takeshi Kitano.
Dopo questa doverosa introduzione sull'autore, concentriamoci su L'impero dei sensi. Oshima decide di raccontare la storia del rapporto sempre più intenso che si instaura tra il padrone Kitzi e la sua cameriera Abe Sada. Essi vengono travolti da un'inarrestabile passione sessuale che li porterà a sperimentare le posizioni e i giochi erotici più estremi, nel tentativo, sempre più difficile, di raggiungere il piacere totale, una sorta di nirvana sessuale. Iniziano quindi a trascorrere intere giornate a letto, quasi senza interruzioni, sotto gli sguardi sempre più attoniti ed esterrefatti delle geishe della casa e della stessa moglie di Kitzi. La continua ricerca del godimento assoluto da parte dei protagonisti li porterà ad un finale catartico e simbolista a dir poco agghiacciante.
E' importante far notare che Oshima si è ispirato ad un fatto di cronaca realmente accaduto nel 1936 in Giappone, utilizzandolo tuttavia come perfetto strumento di allegoria sociale per evidenziare l'alienazione dell'intera società giapponese, che vive ed esiste solo all'interno dei suoi confini, esattamente come la vita dei due protagonisti (non) si sviluppa solo all'interno delle quattro mura della camera da letto, sottolineando una chiara incomunicabilità con il mondo esterno.
Per fare questo Oshima non si fa problemi a spingere parecchio sulla rappresentazione del sesso più sadomasochistico, con una regia sempre più morbosa e quasi voyeuristica, man mano che Kitzi e Abe si addentrano tra le spire della passione malata che li possiede. Chiaramente, i due attori, Tatsuya Fuji (che tornerà anche nel successivo, ma molto inferiore, L'impero della passione) ed Eiko Matsuda recitano completamente nudi per gran parte della pellicola, con parti intime ben in vista.
Nelle interviste che ha rilasciato sul film, Oshima ha dichiarato che se la produzione gli avesse impedito di inserire le scene di sesso esplicito e di fellatio che sono presenti nel film, lui si sarebbe rifiutato di girarlo, poiché le considerava parte integrante, anzi indispensabile per poter veicolare il suo messaggio.
In effetti, il film è perfettamente inserito nella poetica oshimiana, fortemente simbolista e crudele verso i suoi personaggi, di cui sceglie sempre di raccontare i lati più perversi e reconditi, mostrando come essi vengono repressi (l'esempio chiave è Furyo) o come essi esplodano, ne L'impero dei sensi.
In definitiva, solo un genio come Oshima poteva realizzare un film estremamente politico all'interno del genere erotico/porno, ambientato praticamente in una sola stanza o poco più. Inutile dire che la censura italiana lo ha tagliato nei punti più espliciti in maniera vergognosa; ora è tuttavia in circolazione un DVD con la versione integrale sottotitolata nelle (molte) parti tagliate.
Un capolavoro assolutamente da riscoprire quindi, per tutti quelli che pensano che il cinema erotico sia solo spazzatura e non abbia mai nulla da dire, o più semplicemente per quella miriade di persone (visti gli incassi) che è convinta che Cinquanta sfumature di grigio sia un film spinto sessualmente. E' ovvio che non conoscono Nagisa Oshima.
Mente libera, occhi aperti
Lo Sciacallo, Marcus L.Mason