Nel 1988 il celebre regista John Carpenter porta in scena una delle pietre miliari del suo cinema: Essi vivono.
E' la storia di un disoccupato, John, che lascia la sua città, Denver, per trasferirsi a Los Angeles, in cerca di lavoro. Qui assiste al susseguirsi di eventi bizzarri, come elicotteri della polizia che sorvolano continuamente il campo di baracche dove alloggia, interferenze televisive con i messaggi di un misterioso predicatore, che si rivela poi a capo di un piccolo gruppo, una sorta di setta, che possiede numerose attrezzature scientifiche e che ha come motto la frase "Loro vivono, noi dormiamo".
John trova nel loro covo una scatola contenente un paio di occhiali: una volta indossati, John scopre che il mondo che lo circonda è molto diverso da come appare: i muri sono pieni di manifesti inneggianti al totalitarismo, comandi subliminali per indurre all'obbedienza, ma soprattutto gli individui appartenenti al ceto borghese e benestante e alla polizia, si rivelano essere degli alieni con fattezze assimilabili a quelle di zombie. Tutto questo è invisibile senza l'ausilio degli occhiali.
Il film funziona sotto ogni punto di vista: come intrattenimento, dal momento che il film è divertente, ironico, con scene d'azione girate da Carpenter con maestria; funziona però alla grande sotto il profilo dell'allegoria. In piena età reaganiana, Carpenter ha il coraggio di condannare una società ormai vittima e preda del capitalismo imperante: di un consumismo sfrenato, e di un individualismo ed arrivismo tali da rendere fin troppo facile il dominio di questi alieni. La critica è feroce, ironica, come abbiamo detto, ma mai ridanciana e triviale, come quella di Zalone, e colpisce nel segno. Il film mette a disagio, è perfino sgradevole in alcuni frangenti, e toglie i paraventi dal mondo "alla Matrix" nel quale viviamo e dove pensiamo di essere liberi. Siamo schiavi di ciò che i piani alti della società ci impongono, ci piace quello che ci deve piacere, i nostri obiettivi li decidono altri per noi.
Questo discorso John Carpenter lo urlava a piena voce ormai 28 anni fa. Pensiamo che il suo appello sia caduto nel vuoto.
Mente libera, occhi aperti
Lo Sciacallo, Marcus L.Mason
Vi siete mai resi conto di quanto tempo ci viene sottratto ogni singolo giorno? Quanti di voi sono padroni del proprio tempo? La realtà è che molte persone, per lo più la maggioranza, non si rendono conto di quanto tempo viene sprecato in attività inutili: anche chi ne è consapevole, però, ignora che all'origine di questo c'è stata una scelta ben precisa stabilita da un "magus" che ha tracciato un cerchio ed imposto la sua visione a tutti noi. Come vi abbiamo spiegato in qualche articolo precedente, una persona depensante diventa autimaticamente consumatore, favorendo così il sistema che ci opprime e che tanto vogliamo abbattere, salvo poi modificare in parte le nostre vedute per andare a fare file chilometriche in qualche centro commerciale, bramosi per l'uscita dell'iPhone dell'ultimo modello o del nuovo Mac.
E Facebook? Ma naturalmente è parte integrante del sistema e la sua funzione non è altro che quella di farvi buttare del tempo prezioso in attività futili. Facebook, infatti, è nato su iniziativa della CIA in seguito ai fatti dell'11 settembre, e serviva per schedare i cittadini statunitensi. Anziché procedere con un piano di identificazione più costoso e invasivo, qualche testa illuminante della CIA ha avuto la buona pensata di creare questo social network che avrebbe potuto schedare i cittadini non per imposizione del governo, ma per loro stesso volere. Certamente, come tutte le cose, può produrre anche dei benefici, se usato correttamente, cosa che difficilmente vediamo. Il pubblico di Facebook, infatti, non pensa ad altro che a pubblicare contenuti di scarso interesse, o addirittura falsi e calunniatori nei confronti di etnie, religioni, ecc. Tutti contenuti creati ad arte dagli stessi agenti del sistema che, cavalcando gli umori e le paure del cittadino medio, specie dopo accadimenti drammatici come gli sbarchi o le stragi, cercano di infondere l'odio e di dividere i popoli.
Se vi fosse concesso del tempo per pensare, avreste riflettuto su questo? E quali conclusioni avreste tirato fuori? L'inganno più grande del nostro tempo è proprio la sottrazione del tempo che, come dice lo studioso Carpeoro, è alla radice di tutti gli altri complotti, perché se ognuno di noi avesse il tempo per decidere e per riflettere, non cadrebbe nelle altre trappole. Questo è anche il motivo per cui lavoriamo di più, sia in termini di ore che di contributi. E quando facciamo degli acquisti sconsiderati, dobbiamo lavorare di più per permetterceli, quindi, sacrifichiamo altro tempo prezioso per raggiungere obiettivi che qualcun altro ci ha imposto dall'alto.
Quante sono le persone che leggono i libri? Quante persone provano a informarsi riguardo i vaccini, le cure alternative per il cancro o sul signoraggio bancario? Quasi nessuno, purtroppo, perché sono tutti impegnati in tante, troppe altre attività, alcune peraltro vengono svolte in automatico, perché si fa in questo modo da secoli e come automi non contestano nulla. Il tempo, sempre citando Carpeoro, non è denaro, perché quel bene è fungibile. Se un giorno qualcuno vi ruba cento euro, un giorno sarete in grado di recuperarli e magari di triplicare il vostro denaro, ma se vi rubasse anche un solo minuto della vostra giornata, quel minuto particolare non potrebbe restituirvelo nessuno.
Ma noi siamo andati oltre, perché la follia non si pone limiti, esattamente come l'ignoranza. In ognuno di noi è radicata l'idea secondo cui uno che apprende qualcosa più velocemente è sano, viceversa è un ritardato. Cioè, consideriamo la velocità come un valore assoluto. Niente di più sbagliato: siamo sicuri che uno che apprende dopo magari quella cosa la capisce meglio rispetto a quello che l'ha capita in anticipo? Una nota marca di pasta beneventana ha un motto che a noi piace moltissimo, e calza a pennello per questo esempio: "Pe' fa' 'e cose bone ce vo' tiemp'" (Per fare le cose bene ci vuole del tempo). Niente di più vero, perché le cose fatte con calma sono sempre le migliori, comprese le scelte, perché abbiamo pensato a più variabili possibili. Lo sapevate che Leonardo DaVinci era un lento? Spesso gli venivano sottratti i lavori proprio a causa di questo "difetto". Eppure era un genio.
Questa sua pendenza viene fatta notare anche nel film "Non ci resta che piangere", del duo Troisi-Benigni. Una scelta oculata e non casuale, che pone in evidenza la differenza tra l'esigenze di rapidità del nostro tempo e quelle di un uomo del cinquecento, abituato ad agire nel modo e nei tempi che lui ritiene opportuni e non per la società e il potere costituito. In questo film, ricollegandoci al discorso precedente, viene fuori il ritratto di un Leonardo ritardato, ovviamente agli occhi di uomo del nostro tempo. Emblematica, in questo senso, anche un'altra scena del film, che ha come protagonista un boia, e che vi proponiamo qui sotto:
Fabio De Luca, YouTube
In questa scena Benigni, uomo del XX secolo, è a colloquio con il boia per richiedere la licenza che permetterebbe a Troisi di lavorare, ma quest'ultimo, uomo del '500, non gliela vuole concedere immediatamente, come richiesto in maniera piuttosto incessante dall'attore toscano, ma il giorno dopo. In questa sequenza, Troisi e Benigni fanno notare quanto all'epoca le persone fossero libere di operare restando fedeli ai loro tempi, potendo così permettersi di rifiutare un lavoro che non consentiva loro di agire secondo i loro tempi. È chiaro che in questa pellicola cinematografica il messaggio di fondo è lo scontro tra due mentalità opposte.
E allora come si esce da questo inghippo? Cominciamo col dire che il tempo non è perso se siamo stati noi a scegliere di compiere una determinata cosa. Non avrete perso tempo se siete stati voi a decidere di leggere questo articolo, che magari alla fine non vi ha entusiasmato, perché la prossima volta non cercherete più Lo Sciacallo sul web, ma girerete a largo da questo sito. Il tempo è perso se avete svolto una qualsiasi attività, e non sapete perché lo avete fatto. Il consiglio, ovviamente, è di iniziare a ritagliarvi del tempo per voi, solo ed esclusivamente per questo fine, e cercare di non ripetere gli errori fatti il giorno prima. Per fare questo, si può prendere un diario, non quello di Facebook, dove scrivere tutto quello che avete combinato nell'arco della vostra giornata e, il giorno seguente, verificare nel dettaglio quanti errori avete commesso e quanti invece no.
Infine, concludiamo il nostro articolo invitandovi all'ascolto di Time (con tanto di traduzione), un magnifico pezzo dei Pink Floyd datato 1973 e ricavato dal concept album "The Dark Side of the Moon". Una canzone che descrive quanto vi abbiamo narrato fin qui. Buon ascolto.
Ho imparato a sognare, You Tube
Mente libera, occhi aperti
Lo Sciacallo, Marcus L. Mason