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mercoledì 29 novembre 2017

IL CASO TOTO' RIINA: GIUSTIZIA O VENDETTA?


Cari amici e lettori, oggi affrontiamo un altro argomento spigoloso: il 17 novembre è morto Salvatore Riina, noto boss mafioso, definito da molti "Il capo dei capi" (un nome che ispirò una fiction dedicata proprio alla sua storia malavitosa).

Ebbene, in questi giorni si è fatto un gran chiasso, come al solito quando si parla di morti di personaggi che hanno segnato in qualche modo la storia, sia essa politica o di altro tipo (da Giulio Andreotti a Licio Gelli, fino ad arrivare a Charles Manson): è disarmante leggere i commenti delle persone che, colmi di rabbia, affrontano la questione di pancia, senza riflettere su quanto dicono o, di questi tempi, scrivono. 

C'è chi chiedeva da anni la sedia elettrica, chi sottolineava che è stato giusto farlo morire da detenuto. Noi ci chiediamo: ma queste persone conoscono la differenza tra giustizia e vendetta? A parte il fatto che, come detto giustamente dal nostro amico Gianfranco Carpeoro nell'ultima puntata del consueto appuntamento col "Carpeoro Racconta", online su Youtube ogni sabato mattina, Riina non ea che il capo di basso livello, anche il peggior criminale ha diritto ad essere giudicato e, come sancito dalla nostra costituzione, la detenzione dovrebbe essere rieducativa, perché il dovere dello Stato non è solo di garantire la sicurezza dei cittadini ma anche quello di rieducare i criminali. Il fine è quello di creare una società migliore, non la giustizia da Far West.

E a chi giustifica l'odio adducendo al fatto che Riina ha ordinato l'esecuzione di un ragazzino, beh, si tratta certamente di un atto disgustoso, ma ciò non giustifica la vendetta. Lo Stato non deve giudicare come fa un qualunque cittadino indignato: altrimenti basterebbe applicare la pena di morte e il discorso finirebbe lì. In quest'epoca, purtroppo, chiunque farebbe carriera politica cavalcando questo malcontento. Ma se uno Stato applicasse la legge del taglione, quanto sarebbe diverso dall'assassino? Non credete che facendo in questo modo si legittimerebbero i delitti? Se lo fa lo Stato, perché allora non posso farlo io?

Farà discutere molti, ma a noi non importa, siamo genuini e quanto scriviamo equivale a ciò che pensiamo: troviamo ingiusto il fatto che Riina sia morto da carcerato. Un uomo, qualunque cosa abbia commesso, ha diritto a morire nel suo letto. Siamo tutti uguali di fronte alla morte. Ma la gente desiderava prendersela con un vecchio signore, ormai indifeso e senza capacità di agire, solo per il suo passato da malavitoso. C'era chi sosteneva che potesse ancora dare ordini, alla sua veneranda età e ormai in coma. Suvvia, siamo seri.

Una volta, la Sinistra, quella vera, cercava di combattere per l'eliminazione dell'ergastolo. Ma nell'era del pensiero egemone di destra, anche i cosiddetti "compagni" stanno dalla parte dei Salvini di turno. Eppure, nelle zone di guerra, capita che muoiono bambini e donne. In Africa, in Asia e nei paesi dell'America Latina, esiste lo sfruttamento minorile. Il cacao che acquistate al supermercato, spesso, deriva dallo sfruttamento dei bambini della Costa d'Avorio.

Ma in questo caso non importa: sono lontani da noi e non ci scandalizzano. Ma allora, qual è la giustizia?

Mente libera e occhi aperti 
                                                     Lo Sciacallo, Marcus L. Mason