Eleonora Duse nei panni della Locandiera, fonte: Wikipedia
Questa domenica Lo Sciacallo ritorna con la rubrica dedicata ai libri. L'appuntamento di oggi è dedicato a un grande della letteratura italiana: Carlo Goldoni. Tra le numerose commedie scritte dallo scrittore veneziano, abbiamo scelto "La Locandiera", una dissacrante ironia sulle classe sociali del Settecento, il secolo dell'Illuminismo. Nato a Venezia il 25 febbraio del 1507 e morto a Parigi il 6 febbraio del 1793, Goldoni è divenuto celebre per le sue commedie, tanto da essere considerato uno dei padri della commedia moderna.
Nato in una famiglia borghese di origini emiliane, i suoi lavori sono caratterizzati sullo scontro tra le classi sociali; le sue opere mettono in luce la piccola borghesia, che proprio in quell'epoca stava scalando le gerarchie a discapito della nobiltà, che seppur conservava importanti relazioni all'interno del tessuto sociale, non disponeva più di quantità ingenti di denari. Questi, naturalmente, non vedevano di buon occhio lo sviluppo della cosiddetta "nobiltà di toga", ovvero i borghesi da poco nobilitati.
In questo contesto si può capire il significato di questa commedia, divisa in tre atti: Mirandolina è una giovane e affascinante locandiera, abituata ad essere corteggiata dalla maggior parte dei clienti che si recano alla locanda. Da lì a poco entrano in scena i primi due personaggi: il Marchese di Forlimpopoli (un aristocratico ormai decaduto che ha deciso di cedere il suo titolo nobiliare) e il Conte di Albafiorita (un mercante che si è arricchito riuscendo così ad entrare nella cerchia dei nobili). Il Marchese e il Conte si contendono la dolce donzella in quella che è una vera e propria scommessa: il Marchese punta sul suo onore, promettendole di proteggerla; dal canto suo, invece, il Conte le regala costosi doni sperando in qualche modo di comprarla. Mirandolina, però, è una donna assai astuta, e illude i due uomini, non concedendosi a nessuno di loro, lasciandoli però entrambi convinti di poterla avere. Ma il bello deve ancora arrivare: presto, infatti, Mirandolina sarà messa a dura prova dal Cavaliere di Ripafratta, un aristocratico assai vanitoso, nonché misogino incallito. Il Cavaliere (un personaggio ispirato al patrizio fiorentino Giulio Rucellai), non fa altro che lamentarsi del servizio a suo dire scadente, oltre a dettare ordini alla povera Mirandolina, rimasta sorpresa e spiazzata dal suo atteggiamento. Inoltre, prende in giro i due duellanti, rimproverandoli di essersi abbassati a corteggiare una popolana qualunque.
Ferita nel suo orgoglio femminile, Mirandolina si ripromette di far innamorare il Cavaliere, e da quel momento in poi comincerà a trattarlo con estrema gentilezza. In tutto questo non c'è da dimenticare la presenza del cameriere Fabrizio, da sempre innamorato di Mirandolina e geloso per le ossessive avances del Marchese e del Conte prima, e in seguito anche del Cavaliere, che cede alla strategia messa in atto da Mirandolina. Non vi spoileriamo il finale, tutto da gustare, dove Mirandolina svela a tutti loro il nome del fortunato che la prenderà in sposa.
Come dicevamo prima, la commedia è uno sberleffo di Goldoni agli aristocratici: Mirandolina rappresenta la nuova borghesia emergente, mentre la locanda è chiaramente il luogo d'incontro tra le differenti classi sociali. L'opera descrive la decadenza della nobiltà di spada, che cede ai nuovi ideali della nascente borghesia. L'antica nobiltà viene vista come un parassita che non contribuisce allo sviluppo della società, ma che al contrario pretende solo servigi e rispetto. Tutto ciò non fa che scaturire le risate degli spettatori che assistono alla commedia.
"Fra tutte le Commedie da me sinora composte, starei per diere essere questa la più morale, la più utile, la più istruttiva. Sembrerà ciò essere un paradosso a chi soltanto vorrà fermarsi a considerare il carattere della Locandiera, e dirà anzi non aver io dipinto altrove una donna più lusinghiera, più pericolosa di questa. Ma chi rifletterà al carattere e agli avvenimenti del Cavaliere, troverà un esempio vivissimo della presunzione avvilita, ed una scuola che insegna a fuggire i pericoli, per non soccombere alle cadute" (Carlo Goldoni).
Mente libera, occhi aperti
Lo Sciacallo, Marcus L. Mason