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giovedì 28 aprile 2016

QUANDO LA MUSICA E' ARTE: CHILD IN TIME, IL MANIFESTO VOCALE DI IAN GILLAN


                                                Ian Gillan, fonte: Wikipedia

Dopo una breve pausa, torna di nuovo sul nostro blog la rubrica dedicata ai grandi della musica. L'argomento di oggi riguarda i Deep Purple, una delle band che hanno segnato i mitici anni '70, regalando dei pezzi memorabili come Smoke on the Water, famoso per il suo celebre riff di stampo blues ideato ed eseguito dal mitico chitarrista Ritchie Blackmore. Oggi, però, prenderemo in esame il brano Child in Time, pubblicato sull'album Deep Purple in Rock del 1970, e due anni dopo su Made in Japan, in versione live, chiaramente, come tutti i brani inclusi in quell'album.

I Deep Purple hanno spesso cambiato formazione: il primo cantante, infatti, non era Ian Gillan, bensì Rod Evans; il bassista, invece, era Nick Simper. Alla prima formazione del periodo 1968-69, seguì quella più significativa, la cosiddetta Mark II: Ian Gillan e il bassista Roger Glover, si aggiunsero al già citato Ritchie Blackmore, al batterista Ian Paice e, infine, al tastierista Jon Lord. I Deep Purple, insieme a Jimi Hendrix e ai rivali Led Zeppelin, possono essere considerati i pionieri dell'Hard Rock: i lori lavori costituiscono una base di partenza fondamentale per un nuovo genere che si sarebbe distinto negli anni seguenti, ovvero l'Heavy Metal, con l'avvento dei Black Sabbath, il primo vero gruppo riconducibile a questo genere che si stava affacciando in quegli anni.

Uno dei cavalli di battaglia della band, specie quando si esibiva dal vivo, era senza dubbio Child in Time, a nostro modo di vedere, il loro capolavoro. Si tratta di una sorta di suite, il cui riff principale, come dichiarato dallo stesso Gillan, nacque da un giro di organo Hammond di Jon Lord, che si ispirò a sua volta al brano Bombay Calling, della band americana It's a Beautiful Day, da cui si sviluppò un arrangiamento diverso. Dopo un inizio quieto, a cui segue la voce sommessa di Gillan, parte una melodia con un ritmo sempre più accelerato e aggressivo, all'unisono con la voce di Gillan, che sfocia poi in una serie di acuti che hanno fatto storia. Subito dopo le parti cantante, si sviluppa l'assolo di Blackmore, in crescendo fino a una nuova interruzione che sancisce la ripresa della strofa iniziale, seguita, infine, dal suono della chitarra, unita agli altri strumenti, che rendono il suono più pesante, fino al termine del brano.

Gillan era talmente affezionato al brano che, al momento dell'uscita dalla band per dissapori con Blackmore (che lascerà anche lui dando vita ai Rainbow, per poi rientrare inseme agli altri componenti nel 1983), chiese a Glenn Hughes (bassista entrato nel gruppo in seguito all'abbandono di Glover, unitosi poco dopo ai Rainbow di Blackmore e Dio) di non riprodurre mai dal vivo il pezzo. Una promessa che venne mantenuta dal bassista. Il testo è una chiara denuncia alle atrocità della guerra. Vasco Rossi, in omaggio al brano, inserì l'intro in Lo Show, una traccia tratta dall'album Gli spari sopra (1993). Il brano, inoltre, è presente nei film La banda Baader Meinhof, Twister, e come colonna sonora in Le onde del destino e Denti.

Testo tradotto da Riccardo Venturi

Dolce bambino, col tempo
vedrai la linea,
la linea tracciata
tra il bene e il male.
Guarda il cieco
che spara sul mondo
proiettili che volano
e esigono un tributo di morte.
Se sei stato cattivo,
e scommetto, perdio, che lo sei stato
e se non sei stato colpito
dal piombo che volava
faresti meglio a chiudere gli occhi
e chinare la testa
e a aspettare il rimbalzo.


Di seguito vi proponiamo la canzone in questione, che vi consigliamo di ascoltare. Una canzone che ha contribuito a trasformare la band britannica in una vera e propria leggenda. Buon ascolto.

                                         youtube, shotguy1

Mente libera, occhi aperti
                                          Lo Sciacallo, Marcus L. Mason

536 D.C.: L'ANNO DEL BUIO E DEL GELO


La cometa di Halley
fonte: corriere.it

Quello che vogliamo raccontarvi quest'oggi è un episodio singolare che pochi conoscono, ma di cui, se si sceglie di analizzare a fondo la Storia, si arriva a comprendere l'importanza.

Siamo nel 536 D.C. Il celeberrimo Imperatore Romano d'Oriente Giustiniano è nel pieno del suo piano di riconquista dell'Occidente per riunire sotto un'unica corona, la sua, il glorioso impero che fu dei Cesari. Il suo braccio destro militare Belisario ha già completato l'annessione dell'Africa Settentrionale e delle due isole italiche, Sicilia e Sardegna. Si prepara dunque a sbarcare sul continente.
I progetti di Giustiniano e Belisario sono però destinati a naufragare miseramente; non perché essi si trovino di fronte un esercito formidabile e valoroso che li sopraffaccia. Ci pensa qualcos'altro.

Procopio di Cesarea, fonte di informazioni numero uno quando si tratta di Giustiniano, riporta che in quell'anno "il Sole iniziò a mostrarsi come un flebile disco". Ricordate il passo biblico che racconta di come, mentre Gesù si trova sulla croce, il cielo e il sole si oscurino totalmente e improvvisamente? Bene, nel 536 si verifica all'incirca lo stesso fenomeno. Solo che questa volta il tutto si protrae per un anno intero.
Il sopracitato Procopio non è d'altra parte l'unico a riportare l'evento. Come cita Franco Capone nel suo articolo apparso sulla rivista Focus Storia (n.96 dell'ottobre 2014), Zaccaria di Mitilene e Cassiodoro descrivono più specificamente il fenomeno: "Il Sole si oscurava di giorno così come la Luna di notte, mentre l'oceano era in tumulto con nebbie e vapori; dal 24 di marzo di quell'anno al 24 giugno dell'anno successivo, ci furono freddo e neve in abbondanza, gli uccelli morivano, gli uomini erano in difficoltà" è la versione di Zaccaria. Cassiodoro rincara la dose: "Il Sole sembra aver perduto la sua luminosità, appare di un colore bluastro. Ci meravigliamo di non vedere l'ombra dei nostri corpi".
Gli eventi del 536 non sono che la punta di un iceberg che sprigiona la sua potenza devastatrice nel successivo decennio, caratterizzato da rovinose carestie, ribellioni popolari causate dalle miserande condizioni di vita, e soprattutto immani epidemie, una su tutte la peste.

Il morbo appena citato ci riporta direttamente alla vicenda di Giustiniano; la peste miete vittime senza pietà tra la popolazione dei territori da lui controllati, un quarto sul totale dell'Impero bizantino. Ed è proprio qui che la Storia è a un bivio: cosa sarebbe accaduto senza questi fenomeni climatici/atmosferici straordinari? L'Impero Romano, sotto l'egida di Giustiniano, sarebbe davvero potuto tornare all'antico fulgore? Non lo sapremo mai.

Addentriamoci però ulteriormente negli eventi del 536. Ce ne siamo occupati in relazione alla regione mediterranea, ma le fonti assicurano che in realtà il tutto è su vastissima scala. Agricoltura annientata nelle regioni britanniche; forte inaridimento delle vaste steppe della Russia e dell'Asia, che costringono le popolazioni stanziate in quei territori a spostarsi e a giungere fin nella penisola balcanica.
Ma si arriva fino in Estremo Oriente e nelle Americhe: si hanno notizie sulla decimazione (un eufemismo, addirittura il 75%) delle genti cinesi, scomparsa del bestiame nelle regioni mongole.
Le ribellioni in Messico e Perù sono al contrario di natura più "mistica": in quanto società teocratiche, sono gli dèi il primo bersaglio della popolazione, duramente provata dal freddo e dalla fame. Sono molteplici, in questo senso, gli assalti e le distruzioni di templi e luoghi sacri.

A questo punto, però, la domanda sorge quasi spontanea: qual è la ragione di questo spaventoso fenomeno?
Nei secoli, la scienza ha provato a fornire una spiegazione che fosse più convincente della collera divina. La prima cosa appurata è che l'oscurità debba essere stata necessariamente provocata da un sollevamento nell'atmosfera di polveri e detriti. Provocato però da cosa?
Un'ipotesi interessante ha iniziato a prendere corpo nel 2008, in occasione del ritrovamento, in Groenlandia, di uno spesso cumulo di sostanze ad alto contenuto di zolfo, databili proprio intorno al 536, depositatosi lì in seguito ad un'eruzione vulcanica.
Si tratta, con ogni probabilità, dell'Ilopango, in Salvador. C'è però un altro problema: le sostanze eruttate dall'Ilopango non avrebbero mai potuto rimanere sospese nell'atmosfera terrestre per dieci anni e più, quindi ci dev'essere di più. Entra nella vicenda la notoria cometa di Halley.
Essa infatti transita nei pressi della Terra intorno al 530, e scarica diverso materiale ghiacciato nell'atmosfera che poi si "schianta" sul nostro pianeta, pare nella zona del golfo di Carpentaria in Australia, uno dei maggiori epicentri.

Rimandiamo ad alcuni studi chi volesse approfondire l'argomento: i più autorevoli sono quelli di David Keys (Catastrofe!), l'honkonghese David Zhang e l'irlandese Michael Baillie, che se ne sono ampiamente occupati, specialmente alla ricerca delle cause.

Noi vogliamo chiosare con una riflessione: spesso ci siamo ritrovati a parlare di organizzazioni segrete, che decidono i destini della nostra società e delle nostre vite. Essi tengono in mano tutto, il potere supremo di indirizzare la storia e gli eventi in modo da favorire i propri interessi. C'è però qualcosa che persino questi potenti dell'ombra non possono controllare e governare; la si può chiamare natura, lo si può chiamare volere divino, in base alla nostra fede e al nostro spirito. Ma la sostanza non cambia; anche loro devono rendere conto a qualcosa, anche i loro piani possono andare all'aria. Questo ci dimostra ancora una volta, nel buio della nostra realtà, che uno spiraglio di luce lo possiamo ancora scorgere. Facciamo sì che non si spenga.

Mente libera, occhi aperti
                                            Lo Sciacallo, Marcus L.Mason