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lunedì 6 febbraio 2017

LA STRANA MORTE DI BRUCE LEE: UN GIALLO MAI RISOLTO

                                                         Fonte foto: Wikipedia

Cari amici lettori, scusateci il ritardo. Per farci perdonare, abbiamo deciso di tornare con un argomento che da sempre ci affascina e che riguarda la morte di un mito indiscusso delle arti marziali cinesi e del cinema orientale: ci riferiamo chiaramente a Bruce Jun Fan Lee, meglio noto al grande pubblico come Bruce Lee.

Nato nella Chinatown di San Francisco il 27 novembre del 1940 da una coppia originaria di Hong Kong (anche se la mamma era di discendenze euroasiatiche) e penultimo di cinque figli, fece ritorno con la famiglia nella città del "porto profumato" dopo soli tre mesi. Il suo carattere esuberante lo portò a confrontarsi con la malavita locale e, per difendersi, decise di apprendere le tecniche di Kung Fu iscrivendosi alla prestigiosa scuola di Wing Chun (uno stile di Kung Fu), sotto l'insegnamento del maestro Yip Man, considerato un eroe in Cina in virtù dei suoi insegnamenti che hanno permesso a milioni di cinesi di bloccare l'avanzata nipponica durante la seconda guerra sino-giapponese.

Nel 1959, all'età di diciotto anni, il padre di Lee decise di mandarlo a vivere negli Stati Uniti, dove conoscerà Linda Emery che sposerà nel 1964 e con la quale darà alla luce due figli: Brandon (1965) e Shannon Emery (1969). In ambito marziale, Lee era attratto da qualsiasi tipo di disciplina che riteneva utile per migliorare le proprie prestazioni: nel '58 vinse il titolo interscolastico di boxe, e in seguito decise di allargare gli orizzonti abbinando quanto appreso dalla nobile arte con qualche rudimento di scherma; Lee si sottoponeva a dure sessioni di allenamenti, arrivando ad utilizzare tecniche del culturismo. Un approccio maniacale alla disciplina, che lo avrebbe portato, in seguito, a elaborare un nuovo stile, il Jeet Kune Do. Nel '70, dopo un incidente occorso in allenamento, iniziò a dedicarsi anche alla spiritualità e alla filosofia, affascinato dagli scritti di Jiddu Krishnamurti.

Spesa questa parentesi introduttiva possiamo concentrarci sul lascito artistico di Lee e della sua morte accidentale, che forse tanto accidentale non fu. Chiunque abbia visto i suoi film, si sarà subito accorto degli enormi messaggi politici contenuti nelle pellicole. I temi più ricorrenti riguardano il patriottismo cinese, la denuncia delle ingiustizie compiute dai giapponesi ai danni del popolo cinese; inoltre, nelle sue opere, il popolo cinese prende conoscenza della propria condizione di schiavo e si unisce per ribellarsi, attraverso l'uso delle arti marziali, contro gli usurpatori nipponici. I protagonisti dimostrano che il Kung Fu ha la meglio sul Karate giapponese e che solo attraverso la lotta (l'uso della violenza come mezzo ultimo e necessario), il popolo può liberarsi dalle angherie e i soprusi attuati dai rivali giapponesi in territorio cinese. Ma la denuncia non prende di mira solo i giapponesi: in ogni film, infatti, è sempre presente la figura del cinese traditore, accomodante col potere giapponese.

Pellicole strepitose, opere miliari della storia del cinema, riconosciute anche da registi di fama internazionale come Quentin Tarantino, un fan dichiarato di Bruce Lee (basta vedere Kill Bill) e, in particolare, del regista dei suoi primi film, Lo Wei (1918-1996), una figura controversa che, secondo alcuni, sarebbe legata alla morte dell'attore di origini cinesi e tra non molto scoprirete perché.

Lo Wei, famoso regista cinese, diresse Bruce Lee in due pellicole: ne "Il furore della Cina colpisce ancora" (1971) e in "Dalla Cina con furore" (1972), un film straordinario, dedicato alla memoria di Huo Yuanjia, maestro cinese morto in circostanze sospette e di cui il film dà una sua versione dell'accaduto, prendendo spunto dalla versione popolare cinese che lo vuole ucciso per mano dei giapponesi. In seguito Lee fu diretto nel 1973 dal regista statunitense Robert Clouse ne "I tre dell'operazione Drago". Nel 1972 uscì "L'urlo di Chen terrorizza anche l'occidente", un film scritto, diretto e interpretato da Lee, che lanciò un allora esordiente Chuck Norris: un film in verità poco riuscito, almeno dal punto di vista artistico, se si esclude la scena finale in uno scenario mitologico come il Colosseo.

Bruce Lee muore ad Hong Kong il 20 luglio 1973, nella casa dell'attrice Betty Ting Pei, dopo aver ingerito una pillola di Equagesic per placare l'emicrania che lo aveva afflitto, morendo nel sonno. Correttamente, occorre riportare le testimonianze di numerosi attori presenti nel cast de I tre dell'operazione Drago, che raccontano di un improvviso malore che avrebbe colpito il giovane Lee durante le sessioni di doppiaggio del film: un attacco di febbre, vomito e convulsioni minò la vita di Bruce e solo una tempestiva somministrazione di mannitolo limitò l'edema cerebrale riducendo il gonfiore al cervello.

Cosa c'è dietro la morte dell'attore? Si tratta di morte accidentale o di omicidio? Per chi esclude la morte accidentale ci sono pochi dubbi: proprio a causa dei contenuti politici presenti nei suoi film, poco teneri nei confronti dei giapponesi, Lee sarebbe stato ucciso dalla Yakuza.

Ma questa tesi non convince pienamente. Un'altra pista, porta invece a un insospettabile: Lo Wei. Sul regista cinese giravano voci che lo vedevano implicato in affari che convolgevano le Triadi, le mafie cinesi. E' bene ricordare che il cinema di Hong Kong era interamente controllato dalla mala cinese. Non molti sanno che Bruce Lee ebbe una lite feroce con Lo Wei. Non si sa cosa si siano detti, ma c'è chi sospetta che Lee avesse minacciato il regista di denunciare il suo coinvolgimento nelle Triadi e il sistema. Oppure, possiamo immaginare che la lite avesse come contenuto la ripartizione dei guadagni. Ma si tratta come sempre solo di ipotesi.

Infine, c'è la sinistra profezia del padre dell'attore, che già nel 1935 aveva indicato con precisione la data della morte del figlio. Una profezia che si rivelò maledettamente esatta e che a noi de Lo Sciacallo fa pensare alle tante morti annunciate e calcolate con largo anticipo con matematica precisione dai Rosacroce. Senza contare poi la morte del figlio, morto in circostanze che definire sospette è un eufemismo: Brandon, infatti, morì esattamente con le medesime dinamiche del personaggio interpretato dal padre nel suo film postumo, "L'ultimo combattimento di Chen". Forse Brandon stava scoprendo la verità sulla morte del padre? Non lo sapremo mai, purtroppo.

Eppure gli indizi sono tanti, troppi. Concludiamo questo articolo invitandovi alla visione dei film sopracitati. Siamo certi che non ve ne pentirete.

Mente libera, occhi aperti
                                          Lo Sciacallo, Marcus L. Mason