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venerdì 30 dicembre 2016

L'ATTENTATO DI BERLINO: LE MOTIVAZIONI E I POSSIBILI SCENARI


 
                                            Fonte foto: ww.qds.it


Il 19 dicembre, a Berlino, si è consumato l’ennesimo attentato terroristico. Un camion si è lanciato a velocità impazzita contro la folla accorsa per il canonico mercatino di Natale. Questa modalità, già vista a Nizza, è del tutto nuova e, per tale motivo, risulta ancora indecifrabile a livello di analisi simbolica, anche se pare evidente, agli iniziati, essere il frutto di una sovragestione. L'attacco a Berlino potrebbe essere legato alle prossime elezioni tedesche: l'obiettivo è quello di spingere Angela Merkel su posizioni reazionarie. Il terrorismo, su commissione delle Ur-Lodges, teme sempre il soggetto dialogante e tollerante, tanto è vero che non colpisce mai l'estremista, perché quello serve per diffondere l'odio, tanto caro al potere.

E’ quanto dichiarato da un nostro carissimo amico, Gianfranco Carpeoro, interpellato sull’argomento da Fabio Frabetti durante il consueto appuntamento domenicale col “Carpeoro racconta”, trasmissione usufruibile mediante il semplice accesso a YouTube. Secondo Carpeoro, questa escalation di attentati serve per consentire ai poteri che pilotano questi atti di preparare eventi di portata mondiale, sulla falsa riga di quanto accaduto a Parigi. Tutto secondo protocollo, quindi, tranne la modalità di esecuzione, una novità assoluta.
Nulla di nuovo, quindi, vi domanderete voi lettori, se si esclude la dinamica dell'evento. Lo Sciacallo un'idea se l'è fatta, e più avanti la esporrà.

“Nessun terrorista serio si porta dietro i documenti”, commenta l’autore del libro “Dalla Massoneria al Terrorismo”, un manuale eccezionale, che chiarisce ai più curiosi ogni aspetto della Massoneria, dalla sua origine alla sua degenerazione, fino a toccare temi di stretta attualità, come gli ultimi atti terroristici di matrice “Isis”. Ma la storia dei documenti non è nuova: ne sa qualcosa Massimo Mazzucco, colui che più di tutti, almeno in Italia, si è occupato degli attentati dell’11 settembre 2001 (vi invitiamo a seguire i suoi video su Youtube).

Allora perché diffondere le generalità degli attentatori, di cui, guarda caso, una volta fatta la frittata, si finisce per conoscerne ogni aspetto della loro vita? Un altro aspetto che salta subito agli occhi, non solo in questo scenario ma in tutti gli altri episodi di questo tipo, è il fatto che tutti gli esecutori materiali (ma poi siamo sicuri che siano effettivamente loro?) vengono uccisi o si suicidano. Una stranezza che in pochi rilevano, ma che in fin dei conti risulta fondamentale se si vuole cercare di arrivare alla verità. Anche perché le motivazioni sono semplici: il sistema ha bisogno di incriminare qualcuno e al contempo di trovare l’eroe di turno; in secondo luogo serve per confortare la popolazione ma, soprattutto, le forze dell’ordine: sempre secondo quanto sostenuto da Gianfranco Carpeoro, in questo modo i livelli di allerta si abbassano e le logge reazionarie (sul podio ci sono l’Hathor Pentalpha e la Three Eyes) possono agire indisturbate, riorganizzare le forze e progettare un nuovo evento terroristico. Viceversa, se l’attentatore resta in fuga, il livello di sicurezza e di allerta si alza e perciò risulta più difficile ideare operazioni criminose.


Tra l’altro, come vi abbiamo raccontato in uno dei primissimi articoli del nostro giovane blog, queste cose si progettano con largo anticipo. Come vi abbiamo accennato prima,  noi una piccola idea sul perché l'Isis chiede alla sua manovalanza di utilizzare i camion ce la siamo fatta e ora ve l'andiamo ad esporre. Ci sono più spiegazioni: la prima, quella più immediata, risponde a un discorso di comodità e semplicità; la seconda, invece, è più complessa e richiede un piccolo sforzo: il camion potrebbe simboleggiare un carro armato, come quelli utilizzati in guerra, inoltre, il suo primo utilizzo risale alla Battaglia delle Somme, che vedeva impegnate, oltre al Regno Unito, proprio Francia e Germania. Insomma, l'ennesimo richiamo alla guerra. Intendiamoci, sono solo supposizioni, magari ancora lontane dalla soluzione, però chissà, magari da queste ipotesi se ne possono sviluppare altre più concrete.

Infin, analizzando questa ultima serie di attentati, Marcus L. Mason ha individuato un filo conduttore comune che unisce le stragi di Bruxelles e Nizza a quella di Berlino. Tutti questi tre eventi, guarda combinazione, sono avvenuti tutti in prossimità di celebrazioni particolari e importanti per noi occidentali: gli eventi di Bruxelles durante le festività pasquali, quello di Nizza nel giorno della presa della Bastiglia, una ricorrenza molto sentita in Francia e, infine, quello di Berlino, a pochi giorni dal Natale. Noi, nel nostro piccolo, riteniamo che non siano coincidenze. Del resto abbiamo imparato che le coincidenze non esistono. Forse hanno deciso di cambiare strategia, di non far coincidere gli eventi con date di rilevanza massonica o simbolica, perciò poco individuabili dalle masse, ma di lanciare il messaggio più evidente anche al mondo profano, spesso ignaro da queste logiche…



Mente libera, occhi aperti


                                              Lo Sciacallo, Marcus L. Mason

venerdì 23 dicembre 2016

IL "CLASSICO" NATALE DI UNA GRANDE FAMIGLIA ITALIANA: MARIO MONICELLI PRESENTA I SUOI "PARENTI SERPENTI"


fonte: youmovies.it

Cari lettori, il Natale è alle porte, la televisione e le radio sono ormai inondate da programmi, film e canzoni a tema e chiaramente tutti ci sentiamo più buoni. Nell'augurarvi col cuore di passare delle serene feste, ne approfittiamo per proporvi anche noi un film a tema: si tratta di una pellicola del 1992, per la regia di Mario Monicelli, intitolata Parenti serpenti.

Il regista in questione non ha certo bisogno di particolari presentazioni, si tratta di uno dei più importanti e imprescindibili esponenti di quella che sarà poi ribattezzata "commedia all'italiana".

Monicelli nasce nel 1915 a Roma, dove trascorre l'infanzia prima di trasferirsi in Toscana, a Viareggio, per frequentare le scuole medie e successivamente i primi anni di liceo per poi terminarlo a Milano, luogo in cui fa la conoscenza di suoi futuri colleghi come Riccardo Freda e Alberto Lattuada, insieme ai quali fonda anche il giornale Camminare, dove il giovane Monicelli scrive proprio di cinema. Chiuso il periodico perché bollato di comunismo dall'allora governo fascista, Monicelli torna in Toscana dove concretizza i suoi primi veri esperimenti cinematografici. Per vedere però il suo debutto ufficiale dietro la macchina da presa bisogna attendere l'inizio della prolifica intesa artistica con Stefano Vanzina, in arte Steno; insieme a lui, nel 1949 (dopo aver collaborato alla sceneggiatura di diversi altre pellicole di quegli anni), dirige Totò cerca casa. I due, tra il '49 e il '54 firmeranno ben 8 lungometraggi.

Inizia poi la carriera per così dire "solista" di Monicelli, che lo vedrà in 50 anni autore di numerosi film memorabili e immancabili per chiunque si voglia avvicinare allo studio della settima arte. Sorretto piuttosto spesso dal formidabile duo di sceneggiatori Age & Scarpelli (Agenore Incrocci e Furio Scarpelli), racconta l'Italia e l'italianità come pochi altri hanno mai saputo fare.
Se Fellini rappresenta la perfezione estetica, Risi tratteggia personaggi e storie a volte un po' stereotipate, e Scola è molto più sopra le righe nella sua messinscena, Monicelli è stato in grado di trovare la sintesi perfetta tra gli stili imperanti in quel periodo, realizzando opere di profondità sociale contemporanea totale. I film di Monicelli sono talmente realistici, i suoi personaggi sono talmente riconoscibili in qualcuno che si incontra ogni giorno, che riescono a farci pensare, anche solo per un momento, che quello che stiamo guardando possa essere reale, quando invece ovviamente non lo è; in sintesi, l'essenza stessa del cinema.
Attraverso la commedia di costume, Monicelli ha dipinto nei suoi film tutta una serie di affreschi popolari in cui tutti noi ci possiamo rispecchiare; in alcuni casi, ha scelto di utilizzare la sua comicità a volte surreale (ma mai demenziale e fuori contesto) e agrodolce per lanciare i suoi messaggi come ne I soliti ignoti (1959), La grande guerra (1959), Amici miei e Amici miei-Atto II (1975 e 1982), in altri ha deciso di buttarsi sul dramma sociale crudo e asciutto, tra i quali I compagni (1963) e Un borghese piccolo piccolo (1977).

Il film che intendiamo approfondire fa parte della produzione dell'ultima parte della carriera di Monicelli, ma ci accorgiamo che pure invecchiando, il regista toscano d'adozione non ha perso la sua malizia.
Si può sostenere che Parenti serpenti sia l'ultimo grande film di Monicelli, in cui è riuscito ad equilibrare le sue due anime (quella più sarcastica e quella decisamente più nichilista) in un meccanismo ad orologeria impeccabile.
La storia è molto semplice: due anziani accolgono a casa loro i quattro figli con le relative famiglie per trascorrere tutti insieme le festività natalizie. E' chiaro già sin dall'inizio che esistono delle ruggini tra fratelli, e che probabilmente nessuno vorrebbe trovarsi in quella casa. Troviamo situazioni molto comuni: la figlia Lina frustrata a causa di un lavoro, la bibliotecaria, e un matrimonio non appaganti; l'altra figlia femmina Milena depressa perché non riesce a rimanere incinta; il figlio Alessandro, apparentemente senza problemi, ma consapevole di avere una moglie che lo tradisce ripetutamente, e con una figlia obesa che vuole diventare soubrette; infine l'altro maschio Alfredo che non riesce, a più di 40 anni, a rivelare ai genitori la propria omosessualità.
Ma nonostante i rapporti non certo idilliaci tra i membri della famiglia, questi dovranno necessariamente fare fronte comune quando i due anziani genitori, nel bel mezzo del pranzo di Natale, faranno un annuncio che lascerà tutti sgomenti e atterriti.

Senza rivelare particolari della trama, possiamo dire che Monicelli qui fa uno dei suoi abituali spaccati sulla situazione italiana odierna, sbeffeggiando e irridendo tutti gli stilemi della classica e apparentemente indistruttibile famiglia, il cardine della società in cui viviamo. Per il regista non è altro che il perfetto nascondiglio di tutte le ipocrisie che caratterizzano la media borghesia, in cui alla fine è il tornaconto personale a farla unicamente da padrone. Non c'è quindi spazio, nella poetica monicelliana, per il tradizionale spirito natalizio, spazzato via dall'egoismo e dalla cattiva fede delle persone. Eccezionale in questo senso la scena della messa di mezzanotte, che si rivela essere, nel paesino del centro-sud Italia dove è ambientato il film, assimilabile a un ricevimento aristocratico, dove si sfoggia la propria ricchezza e posizione sociale; per poi essere subissati dalle malelingue della gente che sa tutto di tutti.
Se la prima parte del film gioca molto sul contrasto tra i momenti brillanti e le incursioni nel dramma familiare, la seconda parte vira decisamente verso la cupezza del noir. L'ironia viene quasi completamente eliminata, per mettere sotto la lente d'ingrandimento i lati più abietti dei componenti di questa famiglia, che a questo punto non hanno più motivo di fingere. Il finale nerissimo durante la serata di Capodanno è un pugno allo stomaco necessario, utile ad evidenziare una volta di più come Monicelli ne abbia per tutti e non si stanchi, a quasi 80 anni (la sua età all'epoca del film) a mettere alla berlina una façon de vivre in cui lui, così spontaneo e verace, mai avrebbe potuto riconoscersi.

In definitiva, vi facciamo nuovamente i più sentiti auguri e speriamo che tramite la visione di questo film possiate arrivare a comprendere l'importanza che può avere un gesto sincero di affetto rivolto a qualcuno a cui volete veramente bene, libero da qualsiasi ipocrisia e falsità. Che l'assenza totale del Natale in questo film possa farvi venire voglia di viverlo per davvero.

Mente libera, occhi aperti
                                           Lo Sciacallo, Marcus L.Mason

sabato 17 dicembre 2016

L'INESORABILE AZZERAMENTO DELLA POLITICA ITALIANA TRA REFERENDUM, PSEUDO-GOVERNI E SINDACI ALLO SBANDO


Matteo Renzi e Paolo Gentiloni
fonte: laprovincianotizie.com

Cari lettori, è con estremo rammarico e con incalcolabile amarezza che ci accingiamo a scrivere questo post. Vorremmo potervi parlare di un'Italia che finalmente riparte (vi ricordate il famoso: "Allacciate le cinture" di Renzi?), sorretta da una classe dirigente che cerca volonterosamente soluzioni pratiche e il più possibile immediate per far sì che coloro, tanti purtroppo, che si trovano in difficoltà trovino qualcosa a cui potersi aggrappare; ci riferiamo in particolar modo al lavoro, sempre più un'utopia, ma non solo.

Ma sfortunatamente non è così, il quadro è ben più misero. Nelle ultime due settimane il panorama politico italiano, ve ne sarete resi conto, ha subìto non pochi stravolgimenti (ma ne siamo proprio sicuri?).
Il 4 dicembre gli italiani sono stati chiamati alle urne per un inutile referendum costituzionale, i cui promotori sostenevano che, in caso di successo del SI, il paese sarebbe cambiato da cima a fondo. Milioni di euro spesi dal presidente del Consiglio Matteo Renzi per mandare simpatiche letterine in cui si ricordava il dovere civico di andare a votare, l'unico modo per potersi definire un vero italiano: se poi la croce andava sul SI, era cosa ancor più gradita.
La riforma costituzionale elaborata dall'incantevole duo Boschi-Finocchiaro, la giovane rampante e la veterana del Parlamento, è scritta però coi piedi, quasi che l'obiettivo sia proprio quello di farsela respingere in massa dal popolo, che infatti risponde con quasi il 60 % di NO. Domenica a tarda sera Renzi si presenta davanti alla stampa e annuncia le sue dimissioni, infarcendo il tutto con un discorso di marzapane che, dobbiamo ammetterlo, ci ha fatto scendere qualche lacrimuccia.
Tornando seri, tutto come annunciato quindi, gli atti della commedia si stanno susseguendo sulla scena con precisione metodica. C'è chi chiaramente approfitta dell'euforia del momento per aizzare la festante folla, i vari amiconi Salvini, Meloni e M5S, inneggiando ad elezioni immediate, che loro stessi sanno essere improponibili senza una legge elettorale. Ma che importa, è proprio quello che la gente vuole sentirsi dire, pur di appendere ideologicamente Renzi in piazzale Loreto.

Ora, quello che è accaduto nei giorni successivi non è altro che la prosecuzione della farsa.
Apriamo un piccolo inciso per ricordare che due importanti personaggi nostri amici come Paolo Franceschetti (rileggete l'intervista che ci ha concesso) e Carpeoro da tempo affermavano che non sarebbero andati a votare, poiché secondo loro era tempo perso, significava votare il nulla. Vediamo chi riesce a smentirli adesso, alla luce dei fatti; occorrerebbe un pelo sullo stomaco non indifferente.
In definitiva come tutti sapete, dopo le varie consultazioni col presidente della Repubblica Mattarella (che, bontà sua, ha addirittura rinunciato ad assistere alla prima della Scala), l'incarico di formare un nuovo governo viene affidato a Paolo Gentiloni, da sempre un subalterno, portaborse per anni di Francesco Rutelli, chiaramente un prestanome di chi ben sapete. Il meraviglioso teatrino imbastito dalla ciurma dell'aspirante massone Renzi raggiunge la scena madre nel poetico momento in cui Gentiloni, al suo primo discorso alle Camere, rivendica e loda tout court il "lavoro" di un governo che gli italiani avevano voluto, illudendosi, con il voto al referendum, cacciare a casa a pedate.

La bellissima foto in cui i NUOVI ministri posano tutti insieme appassionatamente, sorridendo a 32 denti, in barba a tutti e a tutto, è il sardonico e grottesco finale di una commedia nera degna del teatro dell'assurdo di Beckett e Ionesco, o di un'opera del maestro Eduardo.
Confermata praticamente in toto la squadra composta dai cavalieri di Renzi, visto l'eccellente opera svolta finora: la fida Maria Elena Boschi che, vista la brillante riforma costituzionale da lei proposta, viene promossa Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio; Angelino Alfano, sempre abile a muoversi secondo la direzione del vento, che passa agli Esteri; e poi Giuliano Poletti, che non poteva certo essere rimosso dopo il geniale Jobs Act, che ha costretto migliaia di giovani a vivere di lavoro precario pagato da fame tramite i celeberrimi voucher. Potremmo proseguire, ma ci sembra sufficiente; vogliamo solo sottolineare che se prendere in giro le persone è l'attività abituale di chiunque giunga a determinate posizioni di potere, almeno si era soliti farlo con discrezione; qui sono la faccia tosta e la spudoratezza che irritano particolarmente.

fonte: gqitalia.it

Ma non finisce qua: in questa settimana terremoto nel comune di Roma, dove l'inerte sindachessa Raggi si ritrova a perdere due importanti collaboratori perché sotto indagini: Paola Muraro, assessore all'ambiente e Raffaele Marra, importante collaboratore della Raggi, accusato di corruzione. Insomma, anche per il M5S di Roma brutte notizie, che si aggiungono a dei primi mesi da sindachessa della Raggi non certo memorabili.
E, dulcis in fundo, l'autosospensione del neo sindaco di Milano, l' "eroe" di Expo Beppe Sala, iscritto al registro degli indagati nell'inchiesta della Procura meneghina per corruzione e turbativa d'asta su un importante appalto della stessa Expo sulla preparazione dell'area dei padiglioni.

Vogliamo terminare la nostra triste panoramica con una riflessione: la parola politica deriva dal greco politiké, che può essere tradotto con "tecnica di governo". Ora noi ci chiediamo: quali sono le tecniche di governo in Italia? C'è un governo degno di questo nome? Quando queste persone si ricorderanno qual è il loro lavoro, e rispetteranno davvero quella che viene chiamata democrazia, ma che in realtà altro non è che un'oligarchia neanche ben mascherata di banche, imprenditori e tecnocrati? Speriamo prima di subito, perché mentre Renzi attua le sue manovre sottobanco e Di Maio parla con gli Stati Uniti, esistono le persone, che hanno il diritto di vivere serenamente e di provare ad essere felici.

Mente libera, occhi aperti
                                          Lo Sciacallo, Marcus L.Mason

venerdì 9 dicembre 2016

IN MORTE DI FIDEL: IL RACCONTO, IN BREVE, DI UN RIVOLUZIONARIO CHE HA SFIDATO LA POTENZA USA

                                                     Fonte foto: Wikipedia
 
Cari lettori, come ben saprete, il 26 novembre, a Santiago de Cuba, si è spento il rivoluzionario cubano Fidel Alejandro Castro Ruz, l’uomo che per anni, dal 1959 al 2008, ha guidato la nazione cubana: dal 2 dicembre 1976 al 24 febbraio 2008 è stato Presidente del Consiglio di Stato (succedendo a Osvaldo Dorticos Torrado) e ancor prima, dal 16 febbraio 1959 fino al 24 febbraio 2008, Primo ministro di Cuba.

Abbiamo aspettato che passasse la tempesta mediatica che ha investito Cuba in questi giorni per dire la nostra su un uomo che ha fatto, piaccia o meno, la storia del Novecento, portando un piccolo isolotto dei Caraibi al centro della scena politica internazionale, specialmente durante il periodo della Guerra Fredda; nel 1963, durante l’amministrazione Kennedy, Cuba è si è trovata immischiata nella contesa che vedeva opposte Usa e URSS, a tal punto che per un soffio il mondo è stato a un passo dal Terzo Conflitto Mondiale, in seguito alla scoperta, da parte dei caccia yankee, di installazioni missilistiche nel territorio cubano (gli Usa avevano fatto lo stesso in Turchia). Innanzitutto, cominciamo col dire che il nostro blog è libero da qualsiasi condizionamento mentale: ogni voce dissidente qui può trovare spazio, se non nuoce il buon senso. Detto questo, non nascondiamo (del resto si può scorgere dai nostri articoli), una simpatia nei confronti delle teorie marxiste. Al netto di questo, però, cercheremo di raccontarvi la vita di uomo che, come tutti, ha avuto luci e ombre, con l’onesta intellettuale che da sempre ci contraddistingue.

Fidel Castro e il Movimento del 26 luglio (che comprendeva tra gli altri, Ernesto “Che” Guevara de la Serna, Camilo Cienfuegos e Raul Castro), dopo diverse battaglie nella Sierra Maestra e il fallimento dell’attacco alla Caserma Moncada, finalmente nel 1959 riuscì a fare il suo ingresso a L'Avana, liberando Cuba da una dittatura odiosa, come quella di Fulgencio Batista. All’epoca l’isola era, in sostanza, il bordello degli Stati Uniti: il popolo era analfabeta, viveva in assoluta povertà, mentre i ricchi signori nordamericani si divertivano e sfruttavano tutte le risorse del Paese, compresa l’industria della canna da zucchero, l’oro di Cuba. Fidel eliminò tutto questo, rese la sua Cuba indipendente e varò delle riforme importanti che prevedevano l’istruzione obbligatoria fino a 16 anni (fu eliminato l’analfabetismo diffuso nel Paese), totalmente gratuita, così come il sistema sanitario (il miglior al mondo se non ci fosse l’embargo). Queste e altre grandi riforme di stampo socialista indispettirono gli Stati Uniti che, dopo la decisione di Castro di ricorrere alla forza per nazionalizzare le raffinerie americane in territorio cubano, dopo il fallito tentativo di invadere l’isola con l’aiuto di mercenari cubani (l’Invasione della Baia dei Porci), risposero con quello che lo Sciacallo non esita a definire un crimine nei confronti dell’umanità, ovvero, l’embargo, che il popolo cubano chiama “Blocqueo”.

Un provvedimento scellerato, fascio-nazista, che impedisce a un’intera popolazione di ricevere le cure sanitarie. E’ vero, ben presto il governo castrista ha assunto caratteristiche autoritarie e di autarchia. Ma questa non è altro che la degenerazione tipica di una nazione che si vede bloccata al suo esterno: la furiosa e delinquenziale azione statunitense ha stritolato le aspettative dell’Isola, ponendo una sorta di gabbia al di fuori dei confini cubani (esattamente come hanno fatto con l’URSS prima e la Cina poi). Chiaramente, gli USA preferivano di gran lunga il governo filo-americano di Batista: non dimentichiamoci che “gli esportatori della democrazia” hanno incitato l’ascesa di dittature fasciste, deponendo a loro piacimento politici scomodi come Salvador Allende (un giorno parleremo del Golpe Cileno perché c’è una storia non raccontata nei libri di storia).

Vi ricorderete il nostro articolo sull’Operazione Condor? Bene, quello è il potere di una nazione imperialista come gli USA, che soggioga intere nazioni, Italia compresa, e si permette di arrogarsi il diritto di interferire nelle scelte politiche degli altri Stati. Fidel Castro è stato in qualche modo costretto ad assumere una guida dispotica, perché altrimenti gli Stati Uniti avrebbero finanziato una controrivoluzione al suo interno, con l’aiuto di mercenari. Castro ha commesso errori soprattutto negli anni ' 70, quando ha represso molti omosessuali, salvo poi ammettere, anni dopo, di aver sbagliato. Ha incarcerato molti oppositori politici: non è stato un santo. Ma nessuno lo è. Tutti hanno volontariamente o involontariamente commesso un torto nei confronti di un'altra persona. Il valore di un uomo si giudica nel tempo e prendendo in considerazione tanti fattori: altrimenti si finisce per diventare come i Grillini, che giudicano le persone in base a un errore o a una parola di troppo scappata in un momento giocoso. Un po’ come i giudici di quei maledettissimi talent televisivi. In Italia c’è qualcuno che ha esultato per la morte di Castro, sia a destra sia in quella parte di sinistra democristiana: “Cuba sarà finalmente libera”, hanno scritto in molti. Non sanno, però, che la nostra amata Italia è infinitamente meno libera di Cuba…

Mente libera, occhi aperti
                                                Lo Sciacallo, Marcus L. Mason