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Gli Stati Uniti hanno trascorso il XIX secolo, l'Ottocento, a forgiare la loro identità nazionale. Ma se nei libri di testo americani viene trasmessa più o meno a chiare lettere l'idea che quest'ultima si sia sviluppata attraverso l'ideologia, la giustizia e le menti più brillanti a disposizione, sappiate che la verità è leggermente diversa. Indubbiamente la presenza in quel preciso periodo storico di uomini di indubbio spessore come Benjamin Franklin, George Washington, John Adams o Thomas Jefferson, fino ad arrivare ad Abraham Lincoln (non ci soffermeremo a sottolineare l'appartenenza di molti di loro alla Massoneria, documentata però da prove storiche e nient'affatto complottiste) è stata di vitale importanza, ma il sangue è scorso a fiumi. Un qualcosa di assolutamente normale, ci viene da dire. Qualsiasi stato per arrivare ad affermare una vera e propria identità nazionale è passato attraverso molte guerre, ed ha dovuto piangere molti morti. Viene da sorridere quando però gli Stati Uniti si inorgogliscono parlando della loro purezza e dei loro eroi. Strani argomenti, se utilizzati dai più grandi guerrafondai del pianeta.
Per comprendere come la propaganda a stelle a strisce ami e abbia amato, fin dal principio, manipolare gli eventi storici, citiamo l'esempio del celeberrimo "massacro di Boston", avvenuto nel marzo 1770, con i focolai che sarebbero poi sfociati nella guerra d'indipendenza già attivi.
E' documentato che non fu affatto una strage, ma un semplice, seppur grave, episodio di rissa degenerata. Era cominciato tutto con un battibecco sorto tra un giovane bostoniano e un soldato inglese. Volarono parole grosse, che attirarono molta popolazione con nessuna buona intenzione nei confronti degli odiati inglesi. I soldati, impauriti e sotto pressione, spararono. Le stime contano 5 morti e 6 feriti. Un po' poco per poterlo definire massacro. La versione che diede della vicenda Paul Revere, nemmeno testimone oculare, parlò, senza alcun fondamento, di cecchini inglesi appostati sulle finestre della Custom House di Boston. Lasciò quindi, di proposito ed in mala fede, pensare che la carneficina fosse premeditata.
L'introduzione era d'obbligo per chiarire come agisce e in cosa si concretizza la mentalità americana.
Veniamo dunque ai giorni nostri, e ad occuparci del tema anticipato nel titolo.
Quello che le grandi potenze europee hanno fatto per secoli, ovvero assoggettare nazioni più deboli, senza un apparato statale ed un'identità ben riconoscibili, ponendole sotto la loro egemonia economica, commerciale e territoriale, ora (in verità, è un processo che prosegue dal secondo dopoguerra) gli Stati Uniti lo stanno facendo con noi. Chiaramente, i tempi sono cambiati, e state tranquilli, l'Italia non diventerà mai un protettorato dell'America. Ufficialmente.
In realtà, gli Stati Uniti hanno condizionato e continuano a condizionare ogni decisione riguardante le politiche economiche e culturali europee degli ultimi 60 anni suppergiù.
Assumendosi il ruolo di grandi liberatori dell'Europa dal giogo nazista prima, e stalinista poi, si sono implicitamente arrogati il diritto di farci partecipi della loro pesantissima opinione in merito a qualunque cosa, continuando parallelamente le loro strategie colonialiste in Sud America ad esempio, instaurando dittatori di comodo, con l'unica prerogativa di essere anti-sovietici e quindi, filo-americani (si veda in merito il caso del Cile di Pinochet, il più eclatante).
Questa è stata la strategia a livello politico e diplomatico. Nello stesso tempo, tuttavia, gli Stati Uniti hanno agito prepotentemente anche sul contesto sociale.
I paladini del capitalismo estremo e del consumismo sfrenato e ad ogni costo sono entrati nella vita quotidiana della gente comune. In ogni settore della nostra vita.
Basti pensare alla diffusione capillare e ancora in aumento dei fast-food, ormai nostri compagni inseparabili. Per il bravo capitalista, mangiare è quasi un peso; il pasto deve essere breve, non deve rubare tempo prezioso al lavoro. Che il cibo sia quindi veloce, il più "fast" possibile. Con conseguenze riguardanti la qualità degli alimenti in questione, sempre più scarsa (ma tanto a chi importa? Se mi riempie lo stomaco va bene lo stesso), e la nostra stessa salute, perché mangiare così rapidamente e male è dannoso per il nostro metabolismo.
Va poi scomparendo la vendita al dettaglio, e più specificatamente, la figura dell'artigiano. Ormai bisogna servirsi solamente degli enormi e dispersivi centri commerciali, simbolo del consumismo americano. L'obiettivo è offrire ogni tipo di accessorio o bene di consumo al momento, sempre disponibile. Poco importa se sia tutto prodotto a bassissimi costi e a bassissima qualità in Cina o a Taiwan. Non posso mica aspettare che il sarto mi confezioni un vestito su misura. Troppo, decisamente troppo tempo.
E infine, la tecnologia. Dall'America arrivano ogni mese ormai nuovi modelli di telefonini, computer, I-Pad, orologi ultra-digitali, per ingolosirci e farci credere che è fondamentale essere al passo coi tempi. Solo così possiamo sembrare quasi come loro. Che importanza può avere se tutta questa roba altro non sono che abili trucchi per annebbiare sempre di più le menti delle persone, rendendole schiave di droghe che non si rendono nemmeno conto di assumere in dosi massicce ogni giorno?
Non ci interessa neppure il fatto che sul solo suolo italiano sono presenti ben 113 installazioni militari statunitensi di vario genere? Se provassero a fare la stessa cosa i cinesi o i rumeni, quale sarebbe la nostra reazione?
Chiudiamo precisando che, contrariamente a quello che sembra, il nostro obiettivo non è indire una crociata tout court contro gli Stati Uniti. Hanno svolto un ruolo di primaria importanza nel Novecento specialmente, e senza di loro ci troveremmo molto probabilmente in grossi e più seri guai. Sono anche molto più avanti di noi (e ci riferiamo in particolare all'Italia) in molti aspetti del sociale, come i diritti per le coppie omosessuali, la fecondazione assistita, l'adozione, dimostrandosi di mente decisamente più aperta.
Quello che vogliamo far capire è che è sbagliato accettare senza colpo ferire una mentalità e una cultura che non ci appartengono solamente perché ci vengono imposte. E in più, avere la forza di rifiutare qualcosa se il nostro cervello ci suggerisce che c'è di meglio, che ciò non è giusto per noi.
Quindi, diamolo qualche giorno al sarto, per indossare il nostro nuovo vestito avremo tutto il tempo che vorremo. E a pranzo, magari, un bel piatto di pasta...
Mente libera, occhi aperti
Lo Sciacallo, Marcus L.Mason
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