Archivio blog

giovedì 19 maggio 2016

"MEMORIES OF MURDER" DI BONG JOON-HO: L'ASSASSINO SENZA VOLTO CHE CI LASCIA TANTI, TROPPI DUBBI


fonte: www.amazon.com

Cari lettori, è arrivato il momento di un nuovo consiglio cinematografico sulle pagine de "Lo Sciacallo"; e per la prima volta ci troviamo a suggerirvi una pellicola orientale, per la precisione sud-coreana.
Vogliamo subito fare un piccolo inciso: troppo spesso il cinema dell'Estremo Oriente subisce un assurdo ostracismo da parte della distribuzione italiana, che raramente gli concede la giusta visibilità. Ringraziamo quindi gli organizzatori di manifestazioni come il festival di Udine, interamente dedicato al cinema asiatico.
La nostra critica si rivolge però anche e soprattutto a voi spettatori; superate i vostri infondati pregiudizi, e date un'occasione a questi prodotti. Propongono una poetica ideologica sostanzialmente diversa dalla nostra occidentale, troviamo il male e il bene vicini come non mai, che si compenetrano, tratteggiando personaggi e storie decisamente più complessi e interessanti. Se siete appassionati veri della settima arte, non è possibile rinunciare ad opere di tale fattura solo perché non conoscete gli attori o perché "si assomigliano tutti". Elevatevi ad un livello superiore.

Il quarantaseienne Bong Joon-ho è uno dei principali esponenti dell'avanguardia cinematografica coreana dell'ultimo quindicennio. Si è reso celebre all'attenzione del grande pubblico nel 2006 con il film catastrofico The Host, presentato al Festival di Cannes e successivamente campione d'incassi in tutto il mondo. Opera ancora più esplicativa della sua poetica è Snowpiercer, al quale lavora con un cast internazionale, in cui espone una magistrale allegoria marxista della nostra società, ormai ridotta a vivere su un treno in cui i ricchi detengono i vagoni migliori e i poveri (o proletari) sono confinati sulla coda del mezzo.

Tre anni prima, tuttavia, rispetto a The Host, il regista nativo di Taegu si era già fatto notare dalla critica con un altro film, un noir, Memories of Murder , di cui caldeggiamo la riscoperta.
Basato su fatti di cronaca realmente avvenuti, la scena si apre in una piccola cittadina rurale sud-coreana del 1986, dove viene ritrovata, prima stuprata e poi uccisa, una giovane donna in un canale di scolo. E poco dopo, spunta un altro cadavere di un'altra ragazza.
Le indagini sono affidate a due poliziotti: il detective Park, interpretato da Song Kang-ho, uno degli attori più famosi del cinema orientale, celebrità in Corea del Sud, e il detective-criminologo Seo, proveniente dalla città.
Bong Joon-ho mette qui in contrapposizione fin dall'inizio due mondi opposti: il campagnolo Park che si affida alla violenza e alle intimidazioni per ottenere risultati; e l'urbanizzato Seo, più aperto alle innovazioni tecnologiche e al pragmatismo.
Il colpo di genio del regista consiste nel far sì che, man mano che le vittime aumentano e che il colpevole non si trova, gli atteggiamenti dei due si ribalteranno. Park arriva a comprendere che i suoi metodi coercitivi in situazioni di questo genere funzionano poco; al contrario Seo, resosi conto che nemmeno le sue tecniche all'avanguardia sono state sufficienti, che quello che era certo fosse l'assassino in realtà era innocente, dà totalmente fuori di matto, fino a quasi commettere un gesto folle.

Ci vogliamo poi concentrare su un aspetto più congeniale agli argomenti che trattiamo nel nostro blog: l'assassino non sarà mai scoperto, né lo spettatore lo vedrà mai in volto. Cosa voleva raccontare veramente Bong Joon-ho? L'omicida è rappresentato quasi come un'entità soprannaturale, invisibile, che uccide al riparo da ogni indagine o detective. Esattamente come in Zodiac, di David Fincher, il criminale pare essere onnisciente, in grado di controllare tutto e tutti. Per noi questo non può essere un caso...

In ogni caso, al netto di questa lettura "complottista", Memories of Murder resta un film da non farsi sfuggire per nessun motivo; si tratta indubbiamente di uno dei migliori noir degli anni Duemila. I due piani su cui scorre il film sono in perfetta sintonia; il lato investigativo, condito anche da magistrali scene d'azione e da omicidi girati con tensione quasi palpabile, si completa con il lato psicologico-umano dei personaggi, che cambiano e si evolvono grazie od a causa di ciò che vivono.
Viva il cinema orientale!

Mente libera, occhi aperti
                                           Lo Sciacallo, Marcus L.Mason