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sabato 30 gennaio 2016

GLI EROI SENZA GLORIA: JOHANN TROLLMANN, IL PUGILE ROM CHE SFIDÒ IL NAZISMO


                                                    Fonte foto: wikipedia


Terzo appuntamento con la rubrica dedicata alle biografie dei grandi uomini del passato, cancellati senza alcuna pietà dalla storia. Questo sabato, il personaggio a cui vogliamo dedicare questo articolo non è uno scienziato, men che meno un filosofo o un politico. Se state pensando a un artista vi sbagliate di nuovo perché quest'oggi vi parleremo di un pugile, Johann Trollmann: costui può essere considerato a suo modo un rivoluzionario, e presto scoprirete perché. Il nazismo e il fascismo sono stati i due grandi mali che hanno infestato la prima metà del Novecento e, purtroppo, ai giorni nostri assistiamo sempre di più a un crescendo di queste ideologie che a mano a mano cercano di farsi strada facendosi forti di un consenso popolare di gran parte della popolazione di ceto medio-basso, cavalcando il malcontento popolare basato su stereotipi vecchi come il mondo: il più classico riguarda i rom, tristemente noti con il dispregiativo di "zingari".

 Il 27 gennaio è il Giorno della Memoria, ovvero, il giorno in cui si commemorano le vittime dell'Olocausto. È bene conoscere, però, che le vittime dello sterminio nazista non furono soltanto ebrei, ma anche partigiani, comunisti, omosessuali e rom. Lo sterminio dei rom è passato inosservato, come se questa etnia non fosse meritevole di essere ricordata, un pensiero tanto vigliacco e crudele che può essere tranquillamente paragonato al tanto odiato nemico nazista. I Rom e i Sinti hanno coniato il termine "Porajmos", termine romani che può essere tradotto come divoramento, distruzione o devastazione. Il personaggio di cui ci occupiamo quest'oggi è soltanto uno dei 500000 "zingari" deceduti nei lager nazisti.

Trollmann naque il 27 dicembre 1907 a Wilsche, nella Bassa Sassonia, da una famiglia di etnia sinti. Il suo soprannome era Rukelie ("albero"), in virtù di un fisico atletico. Il suo stile era spettacolare, il pubblico lo amava così come le donne, tanto da essere considerato all'epoca un vero e proprio divo. Disgraziatamente, però, quelli erano gli anni dell'ascesa al potere di Adolf Hitler, che già nel Mein Kampf scriveva a proposito di boxe: "Nessun altro sport desta in così alto grado lo spirito di assalto, esige così fulminea decisione, rende forte e flessibile il corpo". Tutte queste caratteristiche descritte in questo passo del celebre libro scritto dal Führer, dovevano contraddistinguere la nuova razza, quella ariana, che doveva dominare su tutte le altre: non c'era spazio dunque per zingari ed ebrei.

Fu così che nell'aprile del 1933, in base alle Leggi di Norimberga, gli ebrei venivano estromessi dalla pratica della nobile arte e il titolo dei mediomassimi, reso vacante dall'ebreo Eric Seeling, fu conteso nel giugno dello stesso anno da Trollmann e Adolf Witt. Nonostante l'evidente superiorità mostrata sul quadrato da Trollmann (che mise ko il suo avversario in sei riprese), i giudici, su ordine del gerarca nazista Georg Radamm, decretarono la fine del match con un "no decision", ma grazie all'insurrezione del pubblico presente al palazzetto, i giudici furono costretti a tornare sui propri passi, annunciando la vittoria di Trollmann.

Ciononostante, la federazione tedesca gli tolse la cintura, costringendolo a combattere il 21 giugno contro Gustav Eder, ma per questo incontro gli fu imposto di non muoversi da centro del ring, altrimenti gli sarebbe stata revocata la licenza. Per protesta, Rukelie si presentò sul ring con i capelli tinti di biondo e il corpo cosparso di farina: fu un atto di ribellione contro il regime di Hitler, e aveva come scopo quello di ridicolizzare il superuomo ariano tanto agognato dai nazisti. Si trattava di una mossa molto rischiosa, ma che denotava il grande coraggio di Trollmann, uno dei primi a sfidare apertamente il regime nazista. Quell'incontro, per la cronaca, fu vinto da Eder per ko alla quinta ripresa, ma Trollmann si battè con caparbietà nonostante le restrinzioni impostegli dal regime, prendendo a pugni un'ideologia malata e disumana.


Ma le leggi razziali avevano preso ormai il sopravvento anche sulla sua vita privata. Dovette ricorrere alla sterilizzazione per evitare di essere internato nei campi di sterminio, ma non riuscì ad evitare l'arruolamento militare, e venne così mandato a combattere al fronte. Tuttavia, una volta tornato in Germania, nel 1941, fu arrestato dalla Gestapo e deportato nel campo di Neuengamme, in prossimità di Amburgo. In quel maledetto campo fu marchiato col numero 721/1943, e costretto a combattere contro le guardie per avere una razione di cibo. Da quel momento in poi non era più un uomo, ma solo un numero: il 9 febbraio del '43, durante il suo turno di lavoro, non si accorse dell'imminente arrivo del kapò Emil Cornelius, che da tempo meditava la vendetta a causa di un brutta sconfitta prima del limite rimediata proprio contro il pugile rom. Una sconfitta non tollerabile, a maggior ragione se è il vincitore è uno zingaro. Solo una pallottola riuscì a togliere la vita a Trollmann. Il suo ricordo, però, vivrà per sempre.

Mente libera, occhi aperti
                                               Lo Sciacallo, Marcus L.Mason