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martedì 30 agosto 2016

GIOELE MAGALDI: DOPO NIZZA I PROSSIMI SIAMO NOI?

                                               Fonte foto: Wikipedia

Cari lettori e amici dello Sciacallo, ben ritrovati! Ci scusiamo per la lunga assenza dovuta alle vacanze, ma ci è servita per ricaricare le pile in vista di un cammino importante che questo blog dovrà intraprendere da oggi in avanti. Siamo carichi e ambiziosi, e abbiamo in progetto molte cose da realizzare. Inoltre vogliamo rivolgere un pensiero alle vittime del terremoto che ha colpito il centro Italia. Un evento tremendo, che ha tolto la serenità a moltissime persone e su cui purtroppo molti organi di informazione hanno sciacalleggiato, passateci il termine, in modo indecoroso offendendo questa professione.

Spesa questa premessa fondamentale possiamo concentrarci sull'argomento di oggi. Tutti noi abbiamo ancora sotto gli occhi l'attentato di Nizza. A differenza di altri attentati terroristici, quello di Nizza ha evidenziato una falla enorme nel sistema di sicurezza francese. Si è trattato quasi di un attentato "goffo", alla pari di quanto avvenuto nella redazione di Charlie Hebdo (quando viene colpita la stampa il protocollo CIA prevede volutamente un procedimento di questo tipo). Ebbene, il gran maestro del Grande Oriente Democratico, Gioele Magaldi, ha decifrato il messaggio degli attentati di Nizza, e quanto emerso è sconvolgente e chiamerebbe in causa la nostra Italia.

L'interessantissimo blog "libreeidee", ha riportato le parole pronunciate da Magaldi a "Colors Radio": "Se finora non è accaduto nulla in Italia lo dobbiamo al lavoro dei servizi segreti italiani che, garzie alla collaborazione con l'intelligene Usa, stanno operando un controllo assoluto nel territorio per ragioni di sicurezza in modo tale da impedire che l'Italia venga colpita. Solo in azione elementi provenienti dai settori più "progressisti" della Massoneria, per scongiurare il pericolo orchestrato dai colleghi ascrivibili al fronte reazionario al servizio dell'élite neo-aristocratica che costituisce il vero cervello di tutte le operazioni di strategia della tensione messe in atto finora (dall'11 settembre fino agli attentati a matrice "'sis', ndr)".

La nuova stagione di attentati è stata inaugurata il 13 novembre al Bataclan (il 13 novembre è una data importante per la massoneria di ispirazione templare) ed è proseguita con gli attentati di Bruxelles che hanno colpito l'aeroporto e la metropolitana ("come in cielo, così in terra, sempre in chiave simbolica), ed ora potrebbe proseguire nel nostro Paese.
"Nizza un tempo era italiana, e inoltre è la città natale di Garibaldi (massone nonché primo gran maestro del Grande Oriente d'Italia). Letta in questa chiave la strage di Nizza ha un messaggio evidente".

Un'analisi impeccabile che allo stesso tempo fa rabbrividire: l'élite del terrore (le superlogge come le definisce Magaldi), hanno progettato un attentato in una città, Nizza, molto legata all'Italia, per giunta il 14 luglio, data-simbolo della rivoluzione francese: una data celebrata dalla massoneria progressista europea, tanto è vero, che proprio da quell'avvenimento storico così caro ai massoni, Garibaldi, Cavour e Mazzini (tutti e tre massoni), si ispirarono per unire l'Italia. Sarebbe interessante ascoltare i killer delle stragi, perché in questo modo potremmo capire qualcosa in più in merito alla rete di reclutatori e prevedere con largo anticipo le loro mosse future, oltre che a comprendere le motivazioni che hanno spinto loro a compiere in gesto così orribile, ma ciò non è mai avvenuto perché gli esecutori materiali, come ha fatto saggiamente notare Magaldi, vengono uccisi prima che possano parlare.

Ma allora chi è il grande burattinaio? Secondo il gran maestro, la peggiore di tutte le superlogge segrete fu fondata nel 1980 da George Herbert Bush, in risposta alla tremenda sconfitta subita da Reagan alle primarie del partito Repubblicano. Tale evento procurò due attentati "simmetrici" a breve distanza l'uno dall'altro: l'attentato al presidente Reagan e quello a Papa Wojtyla, che nella corsa al soglio pontificio era stato sostenuto dal massone polacco Sbigniew Brzezinsky, che ebbe un ruolo importante nel reclutamento di Osama Bin Laden, che verrà poi accusato ingiustamente della strage dell'11 settembre la cui regia, sostiene Magaldi, è riconducile alla superloggia "Hathor Pentalpha", fondata da Bush col coinvolgimento di Tony Blair, Nicholas Sarkozy e Erdogan. Ancora una volta l'attenzione è riposta ai simboli: Hathor è l'altro nome per definire la dea egizia Iside, molto cara ai massoni. "Peraltro - spiega Magaldi - non è un caso che l'armata dei tagliagole sia stata chiamata Isis".

La nostra speranza, ovviamente, è riposta nel gran lavoro di intelligence svolte sino ad ora dai servizi italiani spalleggiati da quelli statunitensi. A chi contesta la mancanza di prove documentate Magaldi risponde così: "Ogni fatto che menziono è certificabile. Ho con me 6000 pagine di documenti, e se qualcuno desidera farne richiesta, cosa che finora nessuno si è azzardato a fare, sarò lieto di esibire il materiale".

Mente libera, occhi aperti
                                          Lo Sciacallo, Marcus L. Mason


mercoledì 3 agosto 2016

QUANDO LA MUSICA E' ARTE: LUCIO BATTISTI, "IL NOSTRO CARO ANGELO"

                                                     

                                            Battisti e Mina, fonte foto: Wikipedia

Cari lettori, ultimamente sulle pagine del nostro blog si è parlato moltissimo di musica: dopo le recenti interviste a Bruno Mautone e Glauco Cartocci che avevano come focus Rino Gaetano (1950-1981) e la leggenda della morte di Paul McCartney, quest'oggi invece andremo ad analizzare un brano specifico. Il pezzo in questione è "Il nostro caro angelo", ed è stato composto da Lucio Battisti (1943-1998), uno dei più grandi autori della musica italiana. La canzone fa parte dell'omonimo album del 1973, che contiene, tra gli altri, capolavori come "La collina dei ciliegi" e "Questo inferno rosa". L'album ebbe un successo notevole: fu infatti il secondo album più venduto in Italia nel 1973, dietro solo a un precedente lavoro dello stesso Battisti, "Il mio canto libero" (pubblicato nel novembre del '72).

All'epoca destò un po' di clamore e scandalo la copertina dell'album, a causa della presenza di un seno scoperto e di un bambino nudo. Stando ad alcune interpretazioni, il significato che si trae da essa sarebbe legato ai temi dell'ecologia e della salvaguardia delle tradizioni, anche se in realtà parrebbe contenere un significato più recondito e di natura esoterica. Risulta complesso identificare in una sola corrente musicale un artista così eclettico come è stato Lucio Battisti, un musicista sii "italico", ma con un occhio vigile a quanto accadeva in Inghilterra e Stati Uniti per quanto riguardava la scena blues e rock (in particolare il progressive, basti pensare a un album come "Anima Latina", del 1974). Al pubblico, però, è conosciuto soprattutto per le sue canzoni più melodiche e semplici, che entravano nel cuore della gente anche grazie ai testi di Giulio Rapetti, in arte Mogol, che con Battisti diede vita a una collaborazione intensa e redditizia, interrotta bruscamente nel 1982, forse a causa di problemi con la moglie del musicista di Poggio Bustone, Grazia Letizia Veronese, che diventerà co-autrice dei suoi brani dopo una breve parentesi di lavoro con il paroliere Pasquale Panella.

Ma veniamo ora alla canzone che prendiamo in esame in questo articolo. Con ogni probabilità la versione del disco è stata concepita più tardi, tanto è vero che ne esiste un'altra (è usufruibile su youtube), con un arrangiamento completamente differente, che probabilmente era quella originale che non aveva convinto pienamente Battisti. La canzone funziona per due motivi: innanzitutto per il tema musicale, suggestivo e affascinante, specialmente in virtù di un intro di basso di uno straordinario Bob Callero e per l'uso di sinth, pianoforte elettrico e archi elettronici che conferiscono un suono cosmico al brano; il secondo motivo, chiaramente, è riconducibile al testo di Mogol, oscuro e filosofico, che prende di mira la Chiesa Cattolica, tacciata di tarpare le ali al nostro caro angelo che rappresenta simbolicamente l'ideale che la Chiesa soffoca, impedendo così all'uomo di emanciparsi dalla schiavitù dei dogmi, rischiando di cadere nella sempre eterna "fossa del leone". Il Vaticano attira i fedeli facendo leva sui sentimenti di paura e alienazione. Del resto, come dice Battisti nella canzone, "le rughe han troppi secoli oramai, truccarle non si può più". La fede deve essere pura, libera di esprimersi.

Il risultato di questo lavoro di Battisti è straordinario, sofisticato e ricercato, troppo avanti per l'epoca. A nostro modo di vedere, Il nostro caro angelo è il brano capolavoro della discografia di Lucio Battisti. E allora ci congediamo invitandovi come sempre all'ascolto dell'intero album oltre che al singolo brano. Di seguito vi riportiamo il testo e la canzone. Buon ascolto.

IL NOSTRO CARO ANGELO (Mogol-Battisti)

La fossa del leone
è ancora realtà
uscirne è impossibile per noi
è uno slogan falsità
Il nostro caro angelo
si ciba di radici e poi
lui dorme nei cespugli sotto gli alberi
ma schiavo non sarà mai
Gli specchi per le allodole
inutilmente a terra balenano ormai
come prostitute che nella notte vendono
un gaio un cesto d'amore che amor non è mai
Paura e alienazione
e non quello che dici tu
le rughe han troppi secoli oramai
truccarle non si può più
il nostro caro angelo
è giovane lo sai
le reti il volo aperto gli precludono
ma non rinuncia mai
cattedrali oscurano
le bianche ali bianche non sembran più
Ma le nostre aspirazioni il buio filtrano
traccianti luminose gli additano il blu


                                          Youtube, MrSong14


Mente libera, occhi aperti
                                             Lo Sciacallo, Marcus L. Mason

martedì 2 agosto 2016

LO SCIACALLO INTERVISTA GLAUCO CARTOCCI SUL MISTERO DEI BEATLES: PAUL IS DEAD?

 
                                                Fonte foto: Wikipedia


Lo Sciacallo non si ferma neanche in vacanza e torna più carico che mai con un'altra grande esclusiva. Marcus L. Mason ha intervistato lo scrittore Glauco Cartocci, tra i primi ad occuparsi della leggenda che più di tutte affascina il mondo del rock, ovvero la presunta morte di Paul McCartney, storico bassista dei Beatles. Nel noto gruppo di Liverpool, McCartney divideva la leadership con John Lennon, dando vita a una delle coppie più prolifiche e influenti della storia del rock (più di 200 canzoni portano la loro firma). Ecco cosa ci ha raccontato Glauco in merito alla vicenda.


Quando hai cominciato ad occuparti del caso PID? Quando e come è incominciata la storia?

"Va detto che sono un fan dei Beatles da quando ero bimbo. Vissi "in diretta" la vicenda PID all'epoca (Ottobre 1969) e la cosa mi turbò abbastanza. Andai a cercare al centro di Roma le pochissime riviste straniere che venivano importate in Italia (Time e Life) e lessi tutto avidamente e con trepidazione. Tuttavia, dopo un primo interesse mondiale sulla faccenda, la cosa venne liquidata come "fesseria" o "burla". Frettolosamente, troppo frettolosamente, secondo me.

Per anni e anni non se ne parlò più, finché (non so come) nel 2004 mi venne la voglia di controllare in Rete se, putacaso, ci fosse qualcosa su quell'antica vicenda. Rimasi sbalordito nel constatare che l'interesse per la "sostituzione" di McCartney avesse avuto un grande ritorno di fiamma (ca. nel 2002) e nel vedere come addirittura le ipotesi si fossero moltiplicate. Anche gli indizi si erano affastellati, oltre ai pochi che erano venuti fuori nel 1969 se ne trovavano ora a bizzeffe. Molti erano stupidi o ridicoli, ma ce ne erano davvero parecchi che facevano gelare il sangue nelle vene.

Da quel momento decisi di intraprendere la mia personale indagine, che è raccolta nel libro, continuamente aggiornato. Ad oggi ho pubblicato quattro libri, scrivo di rock on-line e faccio diverse conferenze sui Beatles".


Qual è la tua versione dei fatti? 

"Eh, sarebbe bello avere UNA versione. In realtà, chi come me studia a fondo un mistero, capisce che le ramificazioni sono tante, e che diverse soluzioni sono possibili. Nel libro, alla fine, ho raccolto ben 10 "quadri" ipotetici che rispondono alla domanda "come può essere andata la faccenda?" e ognuno di essi è assai diverso dal precedente. Per capirci, c'è il quadro tradizionale della "morte per incidente" e accanto ad esso c'è quello della "grande Burla". Ma ci sono molte soluzioni intermedie. Un'idea che mi piace particolarmente è che il primo Paul si sia fatto sostituire volontariamente (perché stanco della Beatlemania o altri motivi) e abbia istruito il sosia, continuando a scrivere i brani, suonando sui dischi (NB: i Beatles dal '66 non suonarono più "Live" a parte il brevissimo rooftop del 1969). Poi, forse, durante i primi anni '70, il sosia avrà cominciato a far tutto da solo, col permesso del "titolare", chissà".

La questione dei tratti somatici: che differenze ci sono tra il “primo” Paul e il secondo?

"E' una questione molto complessa. Per anni sono stati fatti raffronti molto dilettanteschi: i primi riscontri seri, scientifici, risalgono all'epoca recente, nel 2009, ad opera del team Gavazzeni-Carlesi (la famosa indagine pubblicata dal mensile WIRED). Seguì a breve distanza di tempo un'analisi indipendente svolta da Daniele Gullà. Entrambi i team riscontrarono notevoli differenze sia nella forma del cranio, sia nel "trago" dell'orecchio, sia nella dentatura. Sono analisi complesse, i cui risultati fanno discutere. Non posso riportare qui risultati di altre persone, anche se sul mio libro ne do un sunto (dietro liberatoria del team che li ha svolti)".

  



Il Paul del 1964 a confronto con quello "attuale", fonte foto: Wikipedia







Quali sono i riferimenti più evidenti a questa vicenda? Quali indizi si trovano all’interno della discografia dei Beatles?

"Non si può certo parlare di "prove" ma, come avete detto voi, di ''indizi'' più o meno pesanti. Tali indizi sono classificabili cronologicamente, o anche come tipologia. Cronologicamente: un primo gruppo (come ad esempio la famosa "passeggiata" a piedi nudi sulle strisce di Abbey Road) sono gli indizi "classici". Poi c'è una seconda ondata, ipotesi e letture venute fuori diciamo dal 1970 al 2000. Infine c'è l'epoca di Internet, in cui ognuno dice la sua.

Comprenderete che distinguere l'indizio "serio" dalla cavolata non è facilissimo, ed è uno degli scopi che mi sono prefissato nella mia analisi. (A proposito: anche io ne ho trovati un bel po'…). Quanto alle tipologie di indizi, sono divisibili in: sonori (messaggi nascosti); letterari (parole delle canzoni e alcune scritte singolari); visivi e grafici (copertine di dischi, immagini o disegni nei booklet, film etc.); comportamentali (contraddizioni e stranezze dei Beatles e del loro entourage). Nel libro assegno dei "voti" per così dire, ai differenti indizi, per valutarne la significatività: moltissimi sono stupidaggini, e spiego perché, come e quali essi siano".

Com’era il rapporto tra Paul McCartney e Phil Spector? L’esuberante produttore americano (accusato dell’omicidio di Lennon e Michael Jackson) c’entra in questa storia?

"Sono sincero: non ne so niente, l'ipotesi che Spector c'entri nella vicenda PID è stata prospettata da Carpeoro nella trasmissione radiofonica "Forme d'onda" cui ho partecipato, e non mi è chiarissima la meccanica da lui proposta. Mi sembra comunque che Carpeoro punti il dito più sull'omicidio Lennon che su PID, in riferimento a Spector. Per quanto mi riguarda, Spector con una eventuale sostituzione di McCartney non c'entra nulla, né mai è venuto fuori alcunché in tal senso, neanche nelle indagini di Patterson o di Reeve (remote, precedenti alle mie)".   

                                           Phil Spector, Wikipedia


Chi avrebbe deciso di nascondere la verità al pubblico?
"Sempre nel caso che Paul fosse stato sostituito, sarebbe stato interesse sia della band, che della casa discografica, non far trapelare nulla. Era un'epoca in cui un membro così importante di un gruppo non poteva venire rimpiazzato, e certo non uno dei Beatles, per giunta il co-autore dei loro successi. Mi spingo oltre, dicendo che era interesse anche dell'economia inglese continuare con i Beatles. Davvero molti e ingenti, gli interessi in gioco".
Ad Amburgo una donna ha chiesto di essere riconosciuta da Paul come sua figlia, ma l’esame del DNA ha dato esito negativo. E’ la prova evidente che il Paul che consociamo dal ’66 è in realtà un sosia?

"Non è esattamente così. Non c'è stato alcun esame del DNA. Il test del DNA, nel 1984, non esisteva, si procedette a un’analisi del sangue come da prassi dell’epoca. McCartney fu implicato in una causa legale per il riconoscimento di paternità, da parte di Bettina Huebers, di Berlino, che il Beatle avrebbe concepito negli anni di Amburgo (1959-1962). L'analisi dette risultato negativo, quindi Bettina perse la causa. Tuttavia la donna successivamente tornò all’attacco, dicendo che all’epoca McCartney mandò “un sosia” e per questo il gruppo sanguigno non coincide. I “complottisti” si chiedono: e se l’attuale McCartney fosse un sosia? Avrebbe certo eseguito a cuor leggero l’esame!  Tuttavia capirete bene che la vicenda non prova nulla: McCartney potrebbe essere sempre lui, e aver mandato un sosia solo in quella circostanza".

Cosa c’è di vero nella vicenda dell’Aston Martin?
"E' sicuramente vero che McCartney possedeva una Aston Martin che ebbe un'incidente nell'autunno del 1966.  A fine 2010, l’auto originariamente appartenuta a Paul McCartney era in restauro presso un’officina di Corsico, una cittadina dell’hinterland milanese. Il mio collaboratore Donato Pastore andò subito sul posto, e parlò col restauratore, Walter Baroni. Baroni sostiene che l'incidente non fu eclatante, ma - si sa - ci si può ammazzare anche a 40 km orari, o si può rimanere sfigurati (all'epoca non c'erano air-bag o cinture di sicurezza, fra l'altro). Inoltre Baroni ci ha detto anche parecchie cose interessanti, che sarebbe impossibile riassumere qui, ma le trovate dettagliatamente elencate nel libro".


                                        

                                        "Abbey Road", fonte foto: Roger, flickr

Sulla copertina di Abbey Road si è parlato molto dell’indizio contenuto nella targa della macchina nera (28 IF). All’epoca, però, McCartney non avrebbe avuto 28 anni, bensì 27. Può essere un riferimento all’età di Faul e non di Paul?
"Personalmente lo escludo. Intanto lo esclude la logica: se si parla di uno che "avrebbe avuto 28 anni se fosse stato vivo" certo non si può riferire al Sosia, che nel 1969 era vivo e vegeto. E' però vero che varie "voci" e anche un indizio nel film Magical Mystery Tour farebbero pensare che il sosia fosse un po' più vecchio. Tuttavia ritengo che tutto l'indizio della targa sia una mezza "bufala", sicuramente pilotato dai Beatles per fare confusione. Anche le lettere LMW, mai spiegate in modo convincente, sarebbero una falsa pista".

Si può presumere che in realtà Paul non sia morto ma che sia stato sfigurato nell’incidente tanto da essere costretto ad usufruire di un sosia per le uscite pubbliche?
"E' una delle mie dieci ipotesi, lo Scenario numero 4, "Preferirei essere morto". Si basa sulle possibili risultanze dell'incidente dell'Aston Martin, di cui abbiamo parlato sopra. Paul era il "bello" del gruppo, The Cutie, e mai avrebbe accettato una carriera in cui sarebbe apparso menomato, sotto i riflettori".

Parlaci un po’ del tuo libro “Paul is Dead? Il caso del doppio Beatle”. Hai raccolto ulteriori indizi in merito alla vicenda?
"Nel corso dei 12 anni intercorsi dalla prima stesura, (e delle 7 edizioni del libro) si sono aggiunti moltissimi indizi (anche ad opera dei miei amici e dei gruppi su Internet, forum e social), ma quello che è rilevante è che spesso ho inserito nuovi modi di "leggere" gli indizi stessi, o le contraddizioni dei diretti interessati sulla vicenda. Ogni indizio viene vagliato, discusso, in alcuni casi smontato, in altri rivalutato.

Il libro non è un libro a tesi (non si vuole dimostrare né che Paul sia stato sostituito, né che sia sempre lui), e questa è la cosa che è stata più apprezzata dai lettori. Ognuno può farsi una sua propria idea sulla vicenda: quello che mi interessa è far capire quanto sia complesso il mistero. Molto spesso indizi e vicende sconosciuti ai più risultano di gran lunga più interessanti degli indizi "classici" tanto pubblicizzati. Sono certo che questa storia non avrà fine, e che il futuro riservi altri colpi di scena".
Lo Sciacallo ringrazia sentitamente Glauco per la sua gentilezza e disponibilità.


Mente libera, occhi aperti

                                           Lo Sciacallo, Marcus L. Mason