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mercoledì 29 novembre 2017

IL CASO TOTO' RIINA: GIUSTIZIA O VENDETTA?


Cari amici e lettori, oggi affrontiamo un altro argomento spigoloso: il 17 novembre è morto Salvatore Riina, noto boss mafioso, definito da molti "Il capo dei capi" (un nome che ispirò una fiction dedicata proprio alla sua storia malavitosa).

Ebbene, in questi giorni si è fatto un gran chiasso, come al solito quando si parla di morti di personaggi che hanno segnato in qualche modo la storia, sia essa politica o di altro tipo (da Giulio Andreotti a Licio Gelli, fino ad arrivare a Charles Manson): è disarmante leggere i commenti delle persone che, colmi di rabbia, affrontano la questione di pancia, senza riflettere su quanto dicono o, di questi tempi, scrivono. 

C'è chi chiedeva da anni la sedia elettrica, chi sottolineava che è stato giusto farlo morire da detenuto. Noi ci chiediamo: ma queste persone conoscono la differenza tra giustizia e vendetta? A parte il fatto che, come detto giustamente dal nostro amico Gianfranco Carpeoro nell'ultima puntata del consueto appuntamento col "Carpeoro Racconta", online su Youtube ogni sabato mattina, Riina non ea che il capo di basso livello, anche il peggior criminale ha diritto ad essere giudicato e, come sancito dalla nostra costituzione, la detenzione dovrebbe essere rieducativa, perché il dovere dello Stato non è solo di garantire la sicurezza dei cittadini ma anche quello di rieducare i criminali. Il fine è quello di creare una società migliore, non la giustizia da Far West.

E a chi giustifica l'odio adducendo al fatto che Riina ha ordinato l'esecuzione di un ragazzino, beh, si tratta certamente di un atto disgustoso, ma ciò non giustifica la vendetta. Lo Stato non deve giudicare come fa un qualunque cittadino indignato: altrimenti basterebbe applicare la pena di morte e il discorso finirebbe lì. In quest'epoca, purtroppo, chiunque farebbe carriera politica cavalcando questo malcontento. Ma se uno Stato applicasse la legge del taglione, quanto sarebbe diverso dall'assassino? Non credete che facendo in questo modo si legittimerebbero i delitti? Se lo fa lo Stato, perché allora non posso farlo io?

Farà discutere molti, ma a noi non importa, siamo genuini e quanto scriviamo equivale a ciò che pensiamo: troviamo ingiusto il fatto che Riina sia morto da carcerato. Un uomo, qualunque cosa abbia commesso, ha diritto a morire nel suo letto. Siamo tutti uguali di fronte alla morte. Ma la gente desiderava prendersela con un vecchio signore, ormai indifeso e senza capacità di agire, solo per il suo passato da malavitoso. C'era chi sosteneva che potesse ancora dare ordini, alla sua veneranda età e ormai in coma. Suvvia, siamo seri.

Una volta, la Sinistra, quella vera, cercava di combattere per l'eliminazione dell'ergastolo. Ma nell'era del pensiero egemone di destra, anche i cosiddetti "compagni" stanno dalla parte dei Salvini di turno. Eppure, nelle zone di guerra, capita che muoiono bambini e donne. In Africa, in Asia e nei paesi dell'America Latina, esiste lo sfruttamento minorile. Il cacao che acquistate al supermercato, spesso, deriva dallo sfruttamento dei bambini della Costa d'Avorio.

Ma in questo caso non importa: sono lontani da noi e non ci scandalizzano. Ma allora, qual è la giustizia?

Mente libera e occhi aperti 
                                                     Lo Sciacallo, Marcus L. Mason

mercoledì 18 ottobre 2017

IL CASO WEINSTEIN

                                                           Fonte foto: Wikipedia

Cari lettori, in questi giorni è scoppiato un caso mediatico che riguarda il noto produttore cinematografico, Harvey Weinstein: in sostanza, come da vecchia tradizione in certi ambienti, questo signore abusava della sua carica per molestare sessualmente le aspiranti attrici che, per fare carriera, accettavano le "lusinghe" di Weinstein ed anche del fratello Bob, da quanto emerso nelle ultime ore.

Persino un famoso regista italiano, Roberto Faenza, si è unito al coro d'accusa nei confronti del produttore statunitense, dichiarando a Il Fatto Quotidiano come almeno una decina di attrici italiane abbiano accettato di andare a letto con lui in cambio di una piccola parte di un film. Negli ultimi giorni hanno fatto scalpore anche le accuse di Asia Argento, che avrebbe subito delle avances sessuali in un hotel da Weinstein. Inoltre, la figlia del regista Dario, avrebbe accusato altri registi: uno italiano, che le avrebbe mostrato il pene quando lei aveva solamente 16 anni; il secondo, un grosso regista americano, l'avrebbe invece drogata con la droga dello stupro e poi violentata quando aveva 26 anni.

Accuse agghiaccianti, per carità, ma stupisce il fatto che emergano solamente adesso, a carriera e ribalta già acquisita. E non è il primo caso, basti pensare anche alla vicenda di Bill Crosby. Premessa, a noi questo atteggiamento da parte di produttori o altri personaggi di potere (basti pensare al ruolo delle vallette in tv, ecc) ci fa ribrezzo e lo condanniamo energicamente: quello che non comprendiamo, però, è come queste attrici vuotino il sacco a successo acquisito, all'unisono con altre vittime, ma solo dopo la denuncia di qualcuna.

Un'altra cosa però ci preme di raccontare: una cosa è parlare di stupro, dove realmente la vittima è indifesa e senza colpe; un'altra è accettare di scendere a compromessi, sessuali compresi, per far carriera. Lì il mostro non è solo il Weinstein di turno, ma anche la cosiddetta vittima: non ci stiamo quando sentiamo dire "in quei momenti non sai come comportarti e diventi schiava", perché tutti, donne comprese, abbiamo la facoltà e l'intelligenza, ma soprattutto la dignità (merce rara negli ultimi anni), di dire no. 

Weinstein sarà pure un depravato sessuale, ma una che ha scelto di andarci a letto lo ha in qualche modo legittimato. E la cosa è davvero grave. La stessa Asia Argento ha raccontato di come si fosse sentita in qualche modo "responsabile" per non averlo respinto, ma la cosa davvero grave, a nostro modesto avviso, è il fatto di non aver raccontato a suo tempo lo stupro subito. Vediamo come andrà a finire la vicenda, ma statene certi: di gente come Weinstein, è piena nel mondo dello spettacolo...

Mente libera, occhi aperti
                                           Lo Sciacallo, Marcus L. Mason

lunedì 9 ottobre 2017

50 ANNI FA MORIVA ERNESTO "CHE" GUEVARA": IL NOSTRO PENSIERO


                                             Fonte foto: Wikipedia

Oggi sono passati esattamente 50 anni dalla scomparsa di una icona del Novecento, nonché simbolo della Sinistra, Ernesto Guevara della Serna, meglio noto come "Che Guevara". L'appellativo "Che" gli venne dato dai cubani a causa di un'intercalare comunemente utilizzato tra gli argentini. Medico, poeta e rivoluzionario: Ernesto Guevara è entrato nel cuore di tutti coloro che credono nei valori di uguaglianza e giustizia sociale e che combattono il capitalismo e l'imperialismo al fine di creare una società più giusta.

Da anni si cerca di screditare l'immagine del Che, accusandolo dei crimini più disparati, forse nel tentativo di distruggere le idee che rivoluzionari come lui, anche quelli meno noti come Thomas Sankara (leggi qui), si portano dietro. Ma gli ideali non muoiono mai e "camminano" anche dopo la morte di chi ha combattuto per attuarli. Alcuni cercano di inserirlo in unico calderone insieme a personaggi indiscutibilmente negativi come Benito Mussolini, Adolf Hitler e Francisco Franco, rifilando uno schiaffo alla storia di un uomo che per tutta la vita ha cercato in tutti i modi di scuotere le coscienze e di unire, anziché distruggere, i popoli del Terzo mondo.

Un uomo colto, che prima di diventare rivoluzionario, a soli ventitré anni, fece il giro del continente latinoamericano in moto, verificando con i suoi occhi lo stato in cui vivevano le popolazioni del Sud America, e il contrasto tra ricchi e poveri.

Sappiamo che era massone: del resto la rivoluzione cubana, come quasi tutte le rivoluzioni (tranne quella cinese), sono state appoggiate dalla Massoneria. Raul Castro, massone, presentò Ernesto a Fidel, che invece non è mai stato massone. Questo lo diciamo a tutti quei "compagni" che sbraitano contro la Massoneria, ignorando che anche la Libera Muratoria ha dato il suo contributo alla storia del Comunismo. Anche la rivoluzione sovietica, come ci ha raccontato in un'intervista il nostro amico Gianfranco Carpeoro (leggi qui), fu finanziata dalla Massoneria. Quelli infatti erano tempi in cui la Massoneria, quella vera, contava ancora qualcosa. Ma questa è un'altra storia.

E pensare che il progetto di costruzione di una società socialista arriva ancora da più lontano, e porta la firma dei Rosacroce. Chissà se anche il rivoluzionario argentino ne abbia fatto parte, perché alcuni indizi ci portano a pensare a questo, come la lettera scritta ai figli prima di morire. Una lettera bellissima, in cui emerge il fatto che il Che fosse consapevole di terminare la sua esistenza a breve. Proprio come i Rosacroce. Ma questa è solo una nostra supposizione.

L'8 ottobre del 1967 venne catturato in Bolivia, e il giorno succesivo fu fucilato. Dopo la morte è diventato un Mito: il Mito cancella la parte umana di un uomo elevandolo a qualcosa di sacro e inviolabile. Per noi, invece, resterà un uomo straordinario, ma pur sempre un uomo. Certo, di uomini così ce ne sono sempre di meno...

Mente libera, occhi aperti
                                           Lo Sciacallo, Marcus L. Mason

mercoledì 6 settembre 2017

CARPEORO SULL'ATTENTATO DI BARCELLONA: "C'ERA UN'INFORMATIVA DEI SERVIZI SEGRETI AMERICANI CHE AVVISAVA LA SPAGNA..."

                                           Fonte: www.carpeoro.com

"L'Isis utilizza la modalità del camion perché è la più economica e richiede un livello di addestramento minore". Lo sostiene Gianfranco Carpeoro, durante il consueto appuntamento domenicale con la fortunata trasmissione in onda su Youtube "Carpeoro racconta", spin-off di "Border Nights, condotta da Fabio Fabretti. "Mancando la base operativa per organizzare attentati più sofisticati, questa modalità consente di realizzare attentati senza avere la necessità di addestrare i terroristi".

Il 17 agosto scorso, infatti, la Spagna è stata colpita dal "pseudo" Isis: un camion impazzito (che novità, ndr) è piombato sulla folla uccidendo 13 persone. La cosa curiosa e che lascia davvero da pensare, è quanto rivelato da Carpeoro durante la puntata: "C'era un'informativa dei servizi segreti americani, che fanno parte della sovragestione, che avvisava i servizi spagnoli di un probabile attacco a Barcellona e, ciononostante, la Spagna non ha disposto un livello di prevenzione superiore".

E alla domanda di Fabretti sul perché hanno colpito la Spagna, Carpeoro ha risposto così: "La Spagna era già stata colpita altre volte. Insieme a Francia e Gran Bretagna è un obiettivo primario del terrorismo. Gli obiettivi di secondo livello sono Germania e Russia. I terroristi stanno colpendo sistematicamente. Per adesso, l'Italia non è coinvolta".

Un'altra cosa che colpisce chiunque provi a riflettere su questi episodi riguarda la natura degli attentatori: questi terroristi non hanno nulla a che vedere con i militanti dell'Ira o i terroristi palestinesi -g iusto per fare dei paragoni col passato - in quanto manca una motivazione dettata dal vissuto di queste persone. Ed è proprio questo che fa notare Carpeoro: "Il terrorismo ha un coefficiente di attivazione di odio che si basa su fatti storici regressi (parenti ammazzati, amici). Questi, invece, sono nati e cresciuti in Occidente, non hanno un retaggio storico o territoriale. Sono terroristi artificiali. L'integralismo religioso e l'uso di particolari droghe consente di formare un neo terrorista occidentale che da un giorno all'altro partecipa a un attentato".

Analisi e riflessioni come al solito brillanti, che lasciano spazio ad altre domande: colpiranno anche gli USA? Quando finirà l'escalation di attentati? Ne stanno preparando un altro di grande entità? Forse a queste domande non riusciremo a rispondere, ma è evidente che il tutto dipenderà dai mutamenti sul piano della politica internazionale e interna dei principali Stati europei.

Mente libera, occhi aperti

                                                Lo Sciacallo, Marcus L. Mason


giovedì 27 luglio 2017

IL BRIGANTE MUSOLINO: LA STORIA MALEDETTA DEL "RE DELL'ASPROMONTE"

                                          Il brigante Musolino, fonte: Wikipedia

Cari amici dello Sciacallo, ben ritrovati. Quest'oggi abbiamo deciso di parlarvi di una storia di tanto tempo fa. Una storia tragica, intrisa di emozioni di vendetta, giustizia e rassegnazione che, sotto alcuni aspetti, pare assomigliare al racconto del "Conte di Montecristo", di Alexandre Dumas, ma con una sola differenza: quella che ci apprestiamo a raccontarvi è una storia dannatamente vera.

La pima edizione del romanzo di Dumas è del 1846, mentre la storia di oggi comincia il 28 ottobre 1897 quando a Santo Stefano in Aspromonte, una tranquilla cittadina della provincia di Reggio Calabria, scoppia una rissa all'osteria della Frasca: da una parte c'è un giovane taglialegna di nome Giuseppe Musolino, detto Beppe, con suo cugino Antonio Filastò; dall'altra, invece, i prepotenti signorotti locali, i fratelli Vincenzo e Stefano Zoccali, più un loro compagno.

Il giorno dopo la rissa, in una stalla, qualcuno spara a Vincenzo Zoccali, che tuttavia riesce ad evitare la morte. Proprio in quella stalla viene ritrovato in seguito il berretto di Musolino e, successivamente, inizia la caccia dei carabinieri, che nel frattempo fermano Filastò e un certo Nicola Travia. Le guardie giungono così a casa di Musolino ma non lo trovano, perché é scappato: sei mesi più tardi verrà fermato e tradotto in carcere a Reggio Calabria. 

Il primo processo a suo carico ebbe inizio il 24 settembre del 1898, davanti alla Corte d'Assise di Reggio Calabria: nonostante le innumerevoli prove portate da Musolino (in realtà il berretto Musolino lo aveva perso il giorno prima durante la fuga dopo la rissa), non furono smentite le testimonianze di falsi testimoni (Rocco Zoccali e Stefano Crea asserirono di averlo sentito adirato per aver fallito il bersaglio) e così, il 28 settembre, a 21 anni, entrò in carcere.

Proclamatosi innocente, davanti ai presenti, giura vendetta in caso di evasione e, sul motivetto della canzone del brigante Nino Martino, inizia a cantare alcuni versi in reggino che tradotte in italiano suonano ("N'ebbero allegrezza quel giorno quando i giurati condannato m'hanno ma se per caso al paese torno quegli occhi che risero piangeranno"). Dure le invettive nei confronti di Zoccoli, reo di averlo incastrato ingiustamente: "Ti mangerò letteralmente il fegato e venderò la tua carne come animali da macello!".

Viene condotto al carcere dell'odierna Locri (allora si chiamava Gerace Marina) ma, alle 3:30 del 9 gennaio del 1889, riesce a fuggire, insieme ai compagni di cella Giuseppe Surace, Antonio Filastò e Antonio Saraceno. Una leggenda locale vuole che Musolino riuscì a scappare sotto la guida di San Giuseppe che, in sogno, gli indicò dove doveva scavare. Ma si tratta solo di una leggenda, la verità, non la sapremo mai.

Una volta evaso, Musolino inizia a mettere in pratica la sua vendetta, commettendo una serie di omicidi contro le persone che lo avevano messo in questa situazione, nascondendosi nei boschi dell'Aspromonte (da qui il suo soprannome "il Re dell'Aspromonte"), arrivando persino a dormire nei cimiteri. Beppe Musolino gode dell'appoggio dei cittadini calabresi, che lo vedono come un simbolo delle ingiustizie subite contro la Calabria e il Sud (non dimentichiamoci la Questione Meridionale, che inzia proprio in quegli anni).

Inizia così la caccia al "brigante", anche se Musolino rifiutò sempre quell'appellativo: nei primi otto mesi di fuga compie cinque omicidi e quattro tentati omicidi, oltre al tentativo di distruggere la casa di Zoccali con la dinamite. Scattano una serie di tentativi di incastrarlo, ma nessuno di questi riesce ad andare a buon fine, e le gesta del brigante iniziano a diventare leggendarie, tanto che iniziano a occuparsi di lui anche quotidiani nazionali e stranieri, come il Times e Le Figaro.

Nel 1901, stremato e stanco di fuggire, decide di chiedere la grazia al nuovo re Vittorio Emanuele III, così lascia la Calabria e si mette in cammino ma nello stesso anno, ad Acqualagna (Pesaro Urbino), viene catturato per puro caso: per uno strano scherzo del destino infatti, Musolino vede due carabinieri e, pensando erroneamente di essere stato riconosciuto, comincia a scappare, inciampando tuttavia in un filo di ferro. Entrambi i carabinieri erano comandati dal brigadiere Antonio Matteo, padre del famoso Enrico. Divenne celebre la frase dell'ormai celebre brigante: "Quello che non potè un esercito, potè un filo".

A metà ottobre tutti i giornali rendono pubblica la sua cattura (si dice che il governo italiano abbia speso un milione di lire) e il 24 ottobre viene accompagnato al carcere di Catanzaro, in un treno speciale. Ne 1902 inizia un nuovo processo contro di lui, a Lucca: Musolino chiese, come riportato dal Corriere della Sera, di essere difeso dai migliori avvocati d'Italia perché come da lui stesso dichiarato, era un uomo storico e non un delinquente qualunque. Inoltre, pronuncia altre parole in sua difesa: "In caso di assoluzione il popolo sarà contento, in caso contrario, fareste una seconda ingiustizia. Inoltre, dovete sapere, che io non sono calabrese, perché ho sangue nobile, in quanto parente stretto di un principe di Francia". Nel processo si rese necessaria la presenza di un interprete, perché molti testimoni facevano fatica ad esprimersi in italiano coretto. Del resto, l'Italia era un paese giovanissimo, che per secoli era stato diviso in numerosi staterelli.

Viene condannato all'ergastolo al carcere di Pontolongone. Resta in carcere fino al 1946, dopodiché, una volta riconosciuta l'infermità mentale, fu trasferito al manicomio di Reggio Calabria, dove muore il 22 gennaio 1956. Una storia triste, che racconta un'Italia diversa da quella di oggi. Tuttavia, di storie come queste, ce ne sono tantissime. Musolino era un eroe o un brigante? A nostro modo di vedere era un semplice uomo, con i suoi pregi e i suoi difetti. Un uomo che si è fatto giustizia da solo, commettendo però, in questo modo, altri errori.

Di seguito, una delle tante canzoni in memoria del brigante: questa versione è del siciliano Orazio Strano, che  racconta nel dettaglio la sua storia. Su youtube si trova anche la voce vera del brigante. Vi invitiamo all'ascolto della canzone.


 

                                              Youtube, Alessandro Tripodi


Mente libera, occhi aperti

                                                    Lo Sciacallo, Marcus L. Mason


sabato 8 luglio 2017

IL LATO OSCURO DELLA FILOSOFIA: HOUSTON STEWART CHAMBERLAIN E "I FONDAMENTI DEL XIX SECOLO"


Houston Stewart Chamberlain
fonte: worldfuturefund.org

Cari lettori, oggi vogliamo affrontare la retrospettiva di un personaggio forse poco noto ai più, ma che con la sua filosofia, il suo pensiero e i suoi scritti, ha influenzato enormemente i fondamenti sociali sui quali si è basato il movimento più nefasto apparso nel XX secolo, ovviamente il nazismo.

Houston Stewart Chamberlain nasce nel 1855 a Southsea, cittadina della contea britannica dell'Hampshire. Durante la sua infanzia, soprattutto a causa di alcuni disturbi fisici di cui soffriva, Chamberlain gira per mezza Europa, trascorrendo periodi in Italia, Spagna e in Francia. Torna in Inghilterra per volere del padre, che lo iscrive al collegio scolastico per allievi militari di Cheltenham. Il giovane Chamberlain si accorge quasi subito che la vita del militare non fa per lui, e il suo soggiorno nell'accademia è travagliato. Si interessa decisamente di più alle scienze, in primis l'astronomia e la botanica. Si laurea a Ginevra in fisica naturale nel 1881. E' proprio negli anni trascorsi nella città svizzera che Chamberlain inizia a nutrire dei sentimenti astiosi ed odiosi all'indirizzo della sua madrepatria, incarnata nella persona di Benjamin Disraeli, primo ministro britannico di lungo corso dell'epoca vittoriana.
In campo scientifico, un passo molto importante è l'adesione di Chamberlain all'ipotesi del tedesco Hanns Horbiger, denominata "Teoria del ghiaccio cosmico", secondo la quale il nostro sistema solare è permeato da corpi in gran parte composti di ghiaccio. Importante, dicevamo, poiché questa teoria è stata in seguito fortemente sostenuta da Hitler, per dimostrare la sua fedeltà e ammirazione per la figura di Chamberlain.

Parallelamente ad un rigetto delle sue origini (l'Inghilterra e la sua politica), nella sua giovinezza Chmaberlain sviluppa una fortissima infatuazione per la cultura germanica, grazie specialmente all'influenza del suo tutore prussiano Otto Kuntze, che gli insegna il tedesco, declamandogli la manificenza dell'impero tedesco.
Cultura germanica il cui paradigma è, secondo Chamberlain, la musica di Richard Wagner, da cui l'intellettuale ormai anglo-tedesco rimane a tal punto colpito, da porla al centro del suo pensiero politico. Il Wagnerismo, di cui Chamberlain è campione, propina infatti la superiorità indiscussa della razza e della potenza germanica; qui Chamberlain riesce finalmente a trovare quella spinta spirituale, e in parte sognatrice e misticheggiante, che andava cercando da tempo e che l'arte e il costume britannici non avevano saputo suscitare in lui.
Dopo la morte del compositore, Chamberlain intratterrà una fitta corrispondenza ed una forte amicizia con la vedova di questi, Cosima, fino ad arrivare, diversi anni dopo, a sposarne la figlia Eva.

Ci preme sottolineare che non è certamente Chamberlain l'ideatore o il deus ex machina di un pensiero estremamente razzista e imperniato sulla purezza del proprio sangue, dilagante in quel periodo. Wagner stesso, che poi nella sua musica avrebbe estrinsecato tutto il suo odio verso i minori e gli impuri (i non-ariani), aveva trovato una vividissima fonte d'ispirazione in uno scritto ripugnante e inaccettabile, ma che aveva riscosso grande consenso: il Saggio sulla disuguglianza delle razze, pubblicato fra il 1853 e il 1855 dall'aristocratico francese Arthur de Gobineau. Questo ridicolo pamphlet teorizza il destino vittorioso di una fantomatica razza ariana, discendente diretta dei franchi germanici (sic), oltre a diffondere uno sperticato e pruriginoso odio nei confronti di qualsivoglia altra "razza", chiaramente indegna anche solo di respirare la stessa aria. Con inoltre un odioso afflato classista; i campioni dell'arianesimo sono, secondo de Gobineau, i ricchi aristocratici; il resto è feccia.

Non può essere altro che la razza quindi, la chiave di volta per analizzare al meglio l'opera grazie (o a causa?) alla quale Chamberlain è famoso: I fondamenti del XIX secolo, che pubblica nel 1899 grazie al supporto dell'editore Hugo Bruckmann (lo stesso che avrebbe poi pubblicato il Mein Kampf).
Chamberlain si propone di ripercorrere l'intera storia della civiltà occidentale, dalle origini nel vicino Oriente, per arrivare, tramite argomentazioni para o pseudo-scientifiche, alle innovazioni tecnologiche, industriali e filosofiche appunto del XIX secolo, tutte opera della pluri-celebrata razza ariana.
Al contrario, ogni guerra, conflitto, scontro è stato provocato dalla nefasta azione della subdola razza ebraica (attraverso il loro grande ascendente in campo economico), il cui obiettivo non è altro che rimanere l'unica razza pura sulla faccia della Terra in mezzo ad un coacervo di meticci difficilmente distinguibili; e per fare questo, gli ebrei dovevano annientare la gloriosa razza ariana.

E invece, noi sappiamo bene chi ha rischiato di essere completamente annientato da chi ha deciso di mettere in pratica le idee astruse, anti-scientifiche ed eticamente folli di Chamberlain e affini.
E' chiaro che la nostra analisi dello scritto in questione è stata superficiale e non siamo entrati nel vivo di tutti i passaggi logici operati dall'autore nel delineare il percorso della civiltà occidentale. Ma sapete una cosa? Francamente non ci interessava, perché se le basi sociologiche, storiche e scientifiche sono queste, cercare di cavare qualcosa di culturalmente rilevante è tempo perso, e gli inspiegabili giri di parole, che possiamo trovare sul web, mediante i quali qualcuno riesce ad attribuire grande valenza a questo tipo di junk literature, letteratura-spazzatura, sono aria fritta. 

Ne abbiamo voluto parlare per ricordare ancora una volta come il male nella sua storia ha saputo tante volte mettersi in ghingheri, vestirsi con giacca e cravatta, e apparire rispettabile e colto. Attenzione, lo fa ancora oggi.

Chiudiamo con una citazione che metterà bene in luce il valore morale del personaggio che abbiamo trattato: "Non solo l'ebreo, ma tutto ciò che deriva dal pensiero e dalla mente ebraici, corrode e disintegra quanto di meglio c'è in noi" (H.S.Chamberlain)

Mente libera, occhi aperti
                                           Lo Sciacallo, Marcus L.Mason

giovedì 15 giugno 2017

IL MOVIMENTO 5 STELLE GETTA LA MASCHERA: IL TEMA DELLO IUS SOLI E LA "SVOLTA" A DESTRA


                                          Fonte: Wikipedia
Dopo un mese di assenza, eccoci finalmente tornati. Non è cambiato un granché in questi ultimi tempi: crisi, attentati, morti, politici inadeguati, soluzioni lontane. Insomma, solo molto baccano e poca sostanza. Ma anche tanta ipocrisia. Molti giornalisti si sono scandalizzati per il mancato rispetto del minuto di raccoglimento dedicato alle vittime dei morti londinesi da parte della Nazionale saudita prima di una partita di calcio. La giustificazione dei sauditi ("Non fa parte della nostra cultura"), diciamolo, è discutibile. Come, a nostro modesto avviso, è altrettanto discutibile la scelta di osservare il minuto di silenzio.

A scanso di equivoci, noi rispettiamo i morti londinesi, ed è proprio per questo che per pudore, avremmo evitato questa farsa, dato che se avviene un attentato è solo perché i servizi segreti (ed è inutile che li distinguiate in servizi regolari o deviati), lo hanno acconsentito. Vuol dire che ci sono state forze maggiori che hanno fatto pressione affinché queste devastazioni si verificassero. Ma noi de Lo Sciacallo andiamo oltre e affermiamo, in piena libertà, la nostra contrarietà ai minuti di silenzio in ambito sportivo. Calmi, sappiamo già che qualcuno storcerà il naso, ma è il nostro pensiero e ora vi spieghiamo brevemente il motivo: chi sceglie quali morti siano meritevoli di attenzione? Perché non si fanno i minuti di silenzio ai morti di Gaza o agli operai morti sul lavoro? E agli immigrati morti nel Mediterraneo? Non sono morti come quelle povere vittime di Londra? Dov'è finita la pietà umana? Come al solito,  solo quando tocca noi o i nostri vicini ci accorgiamo che la vita è un bene prezioso da salvaguardare.

Ma cambiamo decisamente argomento, a questo, magari, torneremo negli articoli successivi. E' sulla bocca di tutti la "svolta" del Movimento 5 stelle, che, dopo anni di traballanti tentativi di mantenersi distaccati dal gioco politico hanno definitivamente tolto la maschera e mostrato una faccia molto più simile ai soggetti che in origine si erano prefissati di combattere. Uno dei punti di forza, per lo meno iniziali, dei grillini, era quello di presentarsi come alternativi all'attuale sistema politico. In realtà, si è trattato solo di un grande bluff, di un MacGuffin (per dirla in termini cinematografici).

Le ultime elezioni hanno evidenziato un declino del Movimento di Grillo e Casaleggio. La risposta del guru genovese non si è fatta attendere: infatti, i militanti hanno sostanzialmente virato a destra (anche grazie al vuoto a sinistra), cavalcando il tema dello ius soli, molto caro alle destre, che vorrebbero respingerlo, in difesa dello ius sanguinis, che fa leva sul legame di sangue che un individuo avrebbe verso lo Stato di appartenenza. Una cagata pazzesca, come direbbe il buon Paolo Villaggio. E' da quando esiste il mondo che le "razze" si mescolano: compresa quella italica, forse la migliore rappresentante in questo senso. E menomale aggiungiamo noi, visto che è dall'incontro col diverso che una persona apprende nuove conoscenze e migliora la propria vita.

Tutto questo, dicono, per scongiurare l'Isis, che con i migranti e gli islamici non ha nulla a che vedere, ma con "noi" europei sì. Una scelta senza senso, che non porta a nulla, ma che continua ad alimentare quel muro che divide i popoli, anziché unirli. Uno che nasce su un territorio è di conseguenza padrone di quest'ultima. E a coloro che sono contrari rivolgiamo queste semplici domande: cosa significa essere italiani? Qual è il dna di un italiano? Si può dimostrare scientificamente l'appartenenza all'etnia italica?

Ma al di là di questa nostra presa di posizione appare evidente che tutto questo può succedere solo in assenza di idee. Le idee formano la politica, non viceversa. Ma noi, come spiegava saggiamente Giorgio Gaber, viviamo in un mondo che ha dichiarato guerra alle idee, per questo si devono cercare alleanze ed altre ricette magiche per prendere voti. Ma quand'è che cambieranno le cose?  La scesa in campo di Corbyn nel Regno Unito e la candidatura di Sanders alle primarie americane sembrano ridare speranze a noi "ideologici". Purtroppo, però, in Italia le cose continuano a procedere nel peggiore dei modi, nel caos più totale. Ma agli italiani si sa, basta non togliergli il pallone...

Mente libera, occhi aperti
                                             Lo Sciacallo Marcus L. Mason

venerdì 12 maggio 2017

LA MORTE DI SCARPONI: SI E' TRATTATO DAVVERO DI UN TRAGICO INCIDENTE?

                                              Fonte foto: Wikipedia

"Astana è un'area massonica". Con queste parole, Gianfranco Carpeoro, un caro amico dello Sciacallo nonché autore, tra gli altri, del saggio "Dalla Massoneria al terrorismo", risponde alla domanda di un ascoltatore durante una puntata della fortunata trasmissione in onda su Youtube e condotta da Fabio Fabretti (già conduttore di Border Nights), "Carpeoro racconta".

Carpeoro, partendo da una domanda sulla città kazaka, costruita secondo un criterio esoterico, arriva a parlare dell'attività sportiva del famoso team ciclistico: "In quell'area operano diverse Ur-lodges, su tutte la "Three Eyes - spiega l'ex gran maestro della massoneria - e lì succedono delle cose strane ivi comprese delle attività sportive sempre nell'occhio del ciclone a causa del doping. Fanno investimenti nello sport che nessun'altra struttura mondiale fa".

Poi si arriva a parlare dei ciclisti, le vere vittime di questi esperimenti: "Soltanto quest'anno Fabio Aru si è infortunato in circostanze sospette e il suo posto è stato preso da Michele Scarponi che è morto in un incidente d'auto...". Secondo Carpeoro il mondo dello sport viene utilizzato dal potere: "Per anni il ciclismo è stato nominato da Armstrong, il grande rivale di Marco Pantani. Tutti sospettavano che si dopasse, ma alla fine si è saputo solo dopo il suo ritiro. Pantani lo hanno messo in croce, lui no".

Il potere utilizzerebbe gli atleti come copertura di altra attività: "Lo sport è come la religione, è l'oppio dei popoli. Lo sport serve soprattutto come copertura di una ricerca nell'ambito delle sostanze dopanti e stupefacenti che interessa i servizi segreti, che possono utilizzarle, ad esempio, nei terroristi". I ciclisti, e gli atleti in genere, funzionerebbero da cavie. E la vicenda Pantani? Ecco il commento di Carpeoro: "Pantani si è rifiutato ed è stato fatto fuori col contrappasso: lui non si è voluto prestare a questo gioco che poneva come base la droga e la droga è stata utilizzata per farlo fuori. Marco non si drogava: pensate che aveva persino rifiutato l'EPO, in un'epoca in cui questa sostanza non era ancora illegale".

E il mondo del calcio? Poteva starne fuori? Certo che no: "La gente non lo sa ma i ciclisti vengono drogati dall'età di 16 anni. Sapete quanti ciclisti si sono ritirati in età giovanile dopo aver visto la siringa? Nel calcio tutto questo non emerge perché non ci sono i controlli. Basta vedere le partite dei campionati stranieri o quelle di Champions League: le squadre straniere corrono il triplo delle nostre. Il mondo del calcio è coinvolto di più".

A dimostrazione di quanto affermato da Carpeoro, vi rimandiamo a un articolo pubblicato dalla Gazzetta dello Sport (http://www.gazzetta.it/Ciclismo/07-04-2016/confessioni-choc-un-corridore-fanno-tremare-ciclismo-150144286823.shtml). Chi era quel ciclista anonimo? Fate uno più uno.

Mente libera, occhi aperti
                                            Lo Sciacallo, Marcus L. Mason






venerdì 5 maggio 2017

RENZI BIS: MA IL PD E' UN PARTITO DI SINISTRA?

                                     Fonte foto: Wikipedia


Nei giorni scorsi abbiamo assistito alle primarie del Partito Democratico, precedute da un confronto televisivo tra i tre candidati davvero imbarazzante, in stile americano, dove si è parlato di tutto e di niente. Scontata la vittoria di Matteo Renzi, colui che voleva abbandonare i giochi (non vi ricorda Silvio Berlusconi?), un democristiano che ha spostato definitivamente il PD a destra, riuscendo nell'opera iniziata dai suoi predecessori.

Ancora più imbarazzante, consentitici di dirlo, sono le migliaia e migliaia di persone accorse a votare: per carità, la "democrazia" va rispettata, ma come si fa a farsi prendere in giro da un partito che da sempre volta le spalle ai lavoratori? Un partito che ha favorito l'ascesa di Berlusconi e la venuta di Monti, con tanto di approvazione della legge Fornero? Che la destra faccia politiche di un certo indirizzo non è affatto sorprendente: piuttosto, troviamo del tutto innaturale il comportamento avuto dalla sinistra.

Ma dove sono finiti i valori dei progressisti? Libertà, uguaglianza, fratellanza e giustizia sociale hanno lasciato il passo alla finanza e alle banche, senza contare le infiltrazioni democristiane, nate già all'epoca del compromesso storico e proseguite con la nascita dell'Ulivo prima e del PD poi. Come si fa a definirlo un partito di sinistra? Cos'è la sinistra oggi? Esiste ancora? I lavoratori devono prendere coscienza di essere la classe sfruttata, e che il potere è ancora nelle mani della classe che nel 1989 ha vinto la sua battaglia.

Sia ben chiaro, l'Unione Sovietica non era un paradiso: dopo la rivoluzione di Lenin e la morte di quest'ultimo, Trockij (gran maestro della massoneria sovietica nonché successore designato a guidare il Paese), fu eliminato da Stalin, un falso "compagno", che nella seconda guerra mondiale aveva stipulato patti con Hitler. Stalin ha trasformato l'URSS in uno Stato reazionario, sul modello da lui ideato di "Socialismo in un solo paese". Certo, dopo la sua morte l'Unione Sovietica si è trasformata, ma resta il fatto che aveva "tradito" il progetto di società che i rivoluzionari di ottobre si erano prefissati.

Quello che vogliamo sottolineare in questo articolo, che è nato più per uno sfogo dovuto alla percezione di un panorama politico desolante, è il totale abbandono delle ideologie, demonizzate dagli stessi politici, ovvero, coloro a cui spetterebbe la guida politica e strategica di uno Stato. Ma a  questo punto ci chiediamo su quali basi, dato che le ideologie appartengono al passato e quelli che ragionano in funzione di esse sono etichettati come retrogradi e ottusi.

Noi, invece, riteniamo che una società debba fondarsi e essere governata da persone che amministrano sulla base delle idee e che siano in grado di programmare un piano che deve consentire, in un futuro, di ragionare su un progetto e non su scelte operate alla giornata, senza alcuna pianificazione. Come sarà l'Italia tra tot anni? Non lo sapremo mai, perché questo dipenderà, purtroppo per noi, da soggetti che man mano stabiliranno cosa secondo loro (o chi per loro) è giusto o no.

"Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra?" cantava uno straordinario Giorgio Gaber, uno che tutto questo l'aveva intuito con largo anticipo...

Mente libera, occhi aperti
                                          Lo Sciacallo, Marcus L. Mason


sabato 22 aprile 2017

EBREI SEFARDITI ED EBREI ASHKENAZITI: IL NODO CHE SPIEGA LA NASCITA DEL SIONISMO E DEL NUOVO STATO DI ISRAELE


Lo Stato di Israele
fonte: accadevaoggi.it

Cari lettori, questo breve articolo si propone di porre in rilevanza un lato della "questione ebraica" solitamente poco approfondito, ma in realtà davvero fondamentale per comprendere su quali basi e in particolare su quali enormi contraddizioni si sia sviluppata, negli ultimi centoventi anni, la storia per molti versi tragica di questo popolo: gli Ebrei.

Già, gli Ebrei: ma chi sono gli Ebrei? Come li identifichiamo, non avendo una nazionalità ben definita? E soprattutto, sono tutti uguali, o anche all'interno dell'ampio mondo ebraico possiamo riconoscere delle divisioni?

E' necessario un breve riepilogo: secondo la Bibbia, il patriarca Giacobbe divise la neonata nazione di Israele in dodici tribù, assegnando ognuna di esse ai suoi altrettanti figli. Ne possiamo però riconoscere tre di una certa importanza storica e politica: innanzitutto quella di Giuda, a cui furono assegnati i cruciali ruoli di governatori e legislatori: per questa ragione, la città santa di Gerusalemme venne fatta sorgere all'interno del loro territorio. La seconda è la confinante tribù di Beniamino; e la terza è la tribù dei Leviti, che a differenza delle altre undici, non ricevette un territorio ben definito e si disperse per tutta la nazione (e di conseguenza anche nella terra delle tribù sopracitate). Quando il re Salomone morì, gli successe il figlio Roboamo, che non fu riconosciuto da ben dieci tribù su dodici; le uniche a sostenerlo furono proprio quelle di Giuda e di Beniamino. La spaccatura insanabile portò al distacco di queste genti dalla grande nazione di Israele. In un passo del primo libro dei Re (12-14), Roboamo è specificatamente definito "re di Giuda e Beniamino", della gente di Giuda, ovvero i Giudei, coloro che saranno chiamati Ebrei.
Possiamo con evidenza già dire che è necessario operare una distinzione ben precisa tra "Israeliti" (i discendenti delle tribù ribellatesi a Roboamo) ed "Ebrei" (i discendenti delle tribù di Giuda, Beniamino e dei Leviti stabilitisi in quei territori).

Sappiamo bene, grazie alle nostre conoscenze storiche, che Ebrei ed Israeliti, dal momento in cui le terre che abitavano, denominate Palestina, finirono sotto il controllo dei Romani, e nei secoli a venire si spostarono disperdendosi in diverse zone d'Europa. Qui fondarono numerose e prospere comunità di Ebrei detti Sefarditi, che in moltissimi casi ebbero successo nell'integrazione con le persone di questi luoghi. Tantissimi si convertirono al Cattolicesimo, pur non perdendo, nonostante l'andare dei decenni e dei secoli, il ricordo delle loro origini.
Ciò detto, appare improbabile che all'interno di queste comunità, pienamente inserite nel tessuto sociale europeo e ben liete del livello di integrazione raggiunto, possano essere sorti movimenti inneggianti alla nascita di un nuovo stato di Israele nelle terre dei padri, nel nome dell'autodeterminazione del popolo ebraico. Chi dunque sostenne e supportò il cosiddetto sionismo, (da Sion, il monte su cui sorge la città santa di Gerusalemme)?

L'affaire Dreyfus, generale dell'esercito francese accusato ingiustamente, a causa della sua origine ebraica, di spionaggio a favore della Prussia di Bismarck, fece sì che il giornalista austriaco ed ebreo Theodor Herzl nel 1897 teorizzasse per primo quanto già riassunto poco sopra: l'assoluta urgenza della costituzione di uno stato dove tutti gli Ebrei avrebbero potuto vivere in pace al riparo da qualsiasi rivolta antisemita.
E' importantissimo aggiungere che Herzl era sì ebreo, ma non sefardita. Egli faceva parte di un'altra comunità, detta degli Ebrei Ashkenaziti, la quale possedeva una storia diversa e completamente slegata da quella delle tribù di Israele. Vediamo di riassumerla.



Il principato dei Chazari
fonte: pericolosionismo.altervista.org

Secondo le ricerche degli studiosi Guy Patton e Robin Mackness, fra i secoli VII e XII nel bacino del Volga, sopra il Mar Nero e il Mar Caspio, sorgeva il principato dei Chazari. Il loro khan, alla ricerca di un culto che lo soddisfacesse, intrattenne colloqui con esponenti del Cristianesimo, dell'Islam e dell'Ebraismo. Furono questi ultimi a far breccia nel nobile chazaro che adottò l'Ebraismo come religione di stato.
A partire dal XIII secolo, il principato, stretto nella morsa delle tribù circostanti, entrò in crisi, e molti suoi abitanti migrarono verso il centro Europa, stabilendosi soprattutto in Russia e Polonia. Erano sorte le prime comunità di Ebrei Ashkenaziti, che a differenza dei più accondiscendenti Sefarditi, hanno sempre accarezzato il desiderio di poter fondare nuovamente un regno tutto loro.

Tutti conosciamo le tragiche conseguenze di questo idealismo. E' vero, lo stato di Israele dal 1948 è realtà: ma quale prezzo e quanto sangue è costato il sogno degli Ashkenaziti?

Mente libera, occhi aperti
                                           Lo Sciacallo, Marcus L.Mason

venerdì 14 aprile 2017

TRUMP, L'"ISOLAZIONISTA" PRONTO ALLA GUERRA

                                                Fonte foto: Wikipedia

Bentrovati, amici e lettori dello Sciacallo. Innanzitutto, scusateci per l'assenza di queste ultime settimane, ma adesso siamo tornati, più carichi di prima. D'altronde, per fortuna o purtroppo, per dirla alla Gaber, il mondo ci fornisce spunti, riflessioni ed approfondimenti.

Impossibile, da parte nostra, non commentare le ultime vicende belliche: in Siria, ci raccontano i media, il presidente Assad avrebbe utilizzato le armi chimiche contro il proprio popolo e, per tutta risposta, il super miliardario presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, una volta rotti i rapporti con la Russia di Putin, ha risposto con altre bombe. Ovviamente, con l'obiettivo di distruggere l'Isis e di ripristinare la pace. Del resto, gli yankee sono sempre solidali nei confronti dei popoli del resto del mondo.

Perdonateci il sarcasmo, ma il vero problema non sono Trump o gli Usa, ma chi ha votato questo personaggio, chi l'ha sostenuto, e chi, ci riferiamo in questo caso agli Stati, decide di restare a fianco della Nato. Ma come si poteva credere alle parole pronunciate da Trump durante la campagna elettorale? Vedete, è stucchevole commentare le dichiarazioni, da parte di artisti, giornalisti e personaggi della cultura, anti-Trump: la democrazia è questa, è quella che ha votato Hitler. Prima che il mondo cambi, occorre cambiare la mentalità delle persone.

I cittadini americani l'hanno votato? Ed ora è giusto che questo bizzarro personaggio governi la nazione più potente del mondo. La svolta c'era ed era rappresentata dal leader socialista Bernie Sanders, ma il potere capitalista ha pensato bene di escluderlo, preferendogli Hilary Clinton, un altro lupo travestito da agnello. Entrambe le opzioni erano valide ai fini del dominio: si era detto che Hilary, definita a più riprese Killary, avrebbe attaccato la Siria, al contrario di Trump. E adesso che lo ha fatto anche Trump, che nel frattempo minaccia la Corea del Nord, cosa diranno i suoi sostenitori?

L'uso di armi chimiche non giustifica altri bombardamenti. Sarebbe equivalente a lanciare benzina sul fuoco. E poi, siamo sicuri che sia stato Assad? Molti non conoscono nemmeno le varie differenze che ci sono all'interno dell'Islam, l'unica vittima in questa guerra tra sciacalli. In un nostro vecchio articolo vi avevamo parlato della divisione tra sciiti e sunniti: Assad è un alawita, una delle fazioni più moderate e tolleranti del mondo islamico.

Adesso ci sono le armi chimiche, una volta si parlava delle presunte armi di distruzione di massa irachene. Cambiano i nomi delle organizzazioni da combattere (Al Qaeda, ora l'Isis), e quelli dei mostri da abbattere (da Saddam Hussein, passando per Bin Laden, Gheddafi e Assad), ma la storia si ripete, tragicamente. Del resto, sempre citando Gaber, abbiamo capito che il mondo è un teatrino.

Mente libera, occhi aperti

                                           Lo Sciacallo, Marcus L. Mason


giovedì 23 marzo 2017

LA SCIENZA DA' RAGIONE A BIGLINO: GLI ALIENI HANNO PROGETTATO IL NOSTRO DNA

                                           Fonte foto: Wikipedia

Negli ultimi anni stiamo assistendo a un crescendo inarrestabile di notizie, speciali tv, documenti desecretati e rivelazioni di soggetti che detengono il potere (spirituale o politico) riguardanti una possibile interferenza aliena sulla Terra. Questo processo, come dicevamo, è in continua espansione e anche la Chiesa, come molte altre istituzioni religiose, sembra voler tenere il passo cavalcando l'onda, forse per il timore di perdere il ruolo di "guida" in una nuova società con gerarchie, ipotizziamo, ben diverse rispetto a quelle che conosciamo. Ma prima facciamo un passo indietro.

Nel corso dell'ultimo decennio, diversi uomini di scienza hanno confermato quanto ricavato dalla lettura letterale dei testi antichi. Di recente due scienziati del Kazakistan, Maxim Makukov e Vladimir Scherbach, ricercatori presso il Fesenkov Astrophysical Institute, hanno fatto una scoperta sensazionale: i due ricercatori avrebbero individuato una sequenza genetica non casuale che dimostrerebbe la teoria della programmazione del nostro dna da parte di esseri alieni, avvalorando le teorie sostenute, tra gli altri, da Zecharia Sitchin, Erich Von Daniken e dal nostro amico Mauro Biglino (clicca qui per vedere la nostra intervista).

In sostanza, dalla ricerca emergerebbe nel nostro codice genetico il valore 37, ripetuto diverse volte: "Ci è stato chiaro sin da subito che il codice genetico non ha una struttura casuale. I modelli descritti hanno caratteristiche che difficilmente si possono attribuire a processi naturali", ha dichiarato Makukov alla rivista New Scientist. Esattamente quanto va dicendo e scrivendo Biglino da anni ormai. Del resto, basta leggere attentamente la Bibbia, senza condizionamenti mentali.

La Chiesa da tempo ha lanciato segnali di apertura riguardo l'ipotesi dell'esistenza di civiltà extraterrestri: da Mons, Corrado Balducci a Padre Funes, fino a Papa Francesco ("E se i marziani, sì, proprio quelli con le orecchie a punta, ci chiedessero il battesimo?). Ormai il tema non è più un tabù e, per chi ha orecchie per intendere, tutti questi indizi forniscono più di una prova per affermare che è in corso un'opera di "rivelazione con piccole dosi". 

Mente libera, occhi aperti
                                               Lo Sciacallo, Marcus L. Mason






lunedì 6 marzo 2017

LADRI E LEGITTIMA DIFESA: LA SOLUZIONE E' DAVVERO ARMI FACILI PER TUTTI?


fonte: lindro.it

Cari lettori, un tema che nelle ultime settimane si sta dibattendo in televisione e sui giornali riguarda fin dove un normale cittadino possa spingersi per potersi difendere da un malvivente che tenta di rubare nella sua casa o nel suo negozio. In questo senso continuano ad esserci proposte interviste a commercianti o famiglie che si dicono esasperati per la degenerazione di questo fenomeno; si sentono sempre a rischio, sotto tiro, poco o per nulla tutelati dallo Stato, e rivendicano per questa ragione il diritto di potersi difendere per conto proprio con qualsivoglia mezzo a disposizione. Chiaramente il riferimento è al possesso e all'utilizzo di un'arma.

E' evidente che il problema esista e non si può sottovalutare. Il tema della sicurezza dei cittadini è uno dei punti cardine sui quali si fonda e si stabilisce la bontà o meno di un governo e il grado di civiltà più o meno basso di una nazione; il fatto che in Italia le persone comuni arrivino, come già accade in alcune città, tra cui Bologna, ad organizzarsi privatamente per formare dei gruppi di ronda in giro per le strade, è sintomo di carenze e lacune molto profonde all'interno dell'apparato istituzionale; questo significa che il problema, a livello nazionale, si trova già in uno stadio critico. La pur lodevole. secondo noi, iniziativa suddetta non avrebbe dovuto essere necessaria.
Aggiungiamo che a porre in rilievo la questione ci hanno pensato alcuni personaggi noti che hanno espresso sui loro profili dei social network l'indignazione e la rabbia per episodi a loro capitati; come non citare il feroce post di Francesco Facchinetti, figlio di Roby, membro dei Pooh, che, a seguito di un tentativo di furto nella villa brianzola del padre, rivendica il secondo lui sacrosanto diritto di farsi giustizia da solo, se necessario anche attraverso le armi, nei confronti di chiunque si introduca nella sua proprietà. Oppure l'appello di Claudia Mori, moglie di Adriano Celentano, che denuncia come diversi individui sospetti entrino ripetutamente nel territorio della sua famiglia.

L'opinione pubblica si spacca in due: chi è assolutamente per incentivare la giustizia privata, favorendo l'acquisizione di armi od oggetti simili, e chi al contrario si oppone ardentemente invocando la non-violenza di gandhiana memoria.
Noi come al solito, ci schieriamo in una posizione intermedia e vi esponiamo immediatamente in che misura: la legge sulla legittima difesa è, a nostro avviso, estremamente carente e poco tutela la vittima della situazione, colui che deve difendersi. Andrebbe di sicuro riformata, concedendo un più ampio raggio di manovra al cittadino, che, bisogna ricordarlo, viene a trovarsi in una condizione critica e in cui il raziocinio può venir meno.
Non possiamo però assolutamente giustificare una propaganda a favore delle armi, della violenza gratuita e della costruzione dei muri (vedi il quartiere Santa Bona di Treviso). Significherebbe retrocedere di almeno 500 anni e in un'epoca in cui l'Italia è già indietro su tutto, avviare volontariamente ulteriori processi di imbarbarimento e isolazionismo ci sembra paradossale. Centinaia di migliaia di persone nei secoli hanno combattuto e sono morte per abbattere i muri e le barriere, non per innalzarne altri.
Allo stesso modo, ci pare diseducativo e portatore di un bruttissimo messaggio il presentarsi in televisione con una collana a forma di pistola, come ha fatto l'ormai famoso gioielliere veneto Zancan qualche giorno fa. Non vogliamo commentare oltre, ma cerchiamo di evitare queste miserande figure.

Il problema è grosso, la situazione sembra già degenerata; per questo motivo lo Stato deve intervenire al più presto. Non consentendo un uso arbitrario di armi, che dati alla mano, non porta assolutamente all'abbassamento del numero dei crimini, ma anzi al suo aumento, incentivando l' "anarchia della pistola". Due misure che si potrebbero adottare: a livello pratico, una riorganizzazione delle forze di polizia, che da tre, malpagate e poco motivate, dovrebbero passare a una sola: stipendi adeguati e gli strumenti per poter fare il proprio lavoro in maniera ottimale. A livello giuridico, è indispensabile la certezza della pena, in Italia una mera chimera fino ad oggi.

Probabilmente non sarebbe sufficiente solo questo ad azzerare il problema, ma potrebbe essere un inizio positivo. Dobbiamo iniziare a intraprendere un percorso che ci deve condurre a tutti i costi ad una serena convivenza civile e non alla guerriglia urbana da Far West. Abbiamo bisogno di Martin Luther King, non di John Wayne.

Mente libera, occhi aperti
                                           Lo Sciacallo, Marcus L.Mason

giovedì 16 febbraio 2017

QUANDO LA MUSICA E' ARTE: "ELEANOR RIGBY", DEI BEATLES

                                          Stata dedicata ad Eleanor Rigby, fonte: Wikipedia


Cari amici, dopo tanto tempo, riprendiamo la nostra rubrica musicale. Quest'oggi abbiamo deciso di analizzare un brano specifico di una band che ha fatto storia: i Beatles. Il brano che abbiamo scelto si intitola "Eleanor Rigby" ed  è contenuto nell'album "Revolver", del 1966. Non abbiamo scelto a caso questa canzone: il pezzo, infatti, fu scritto quasi interamente da Paul McCartney, di cui vi abbiamo già parlato quando abbiamo intervistato Glauco Cartocci in merito alla vicenda della presunta morte del bassista.

A nostro modo di vedere, si tratta della più bella composizione di McCartney: la melodia rispecchia pienamente lo stile di Paul che, a differenza di Lennon ed Harrison, respinge l'influenza del blues e del rock americano preferendo composizioni più melodiche. La canzone è famosa per l'ottetto composto da quattro violini, due viole e due violoncelli (all'arrangiamento McCartney venne aiutato dal produttore George Martin) accompagnato dalla voce solista di Paul e dai cori di Lennon e Harrison. Come dichiarato da Lennon, la struttura orchestrale fu decisa da McCartney: a quell'epoca, il bassista dei Fab Four era fidanzato con Jane Asher, un'appassionata sfegatata di Antonio Vivaldi. La composizione, infatti, si rifà allo stile del grande compositore del tardo barocco veneziano (non a caso la canzone è classificata all'interno del filone del baroque pop).

Un altro elemento che determinò il successo di questa canzone fu il testo: secondo il critico musicale Ian MacDonald, "la canzone fu uno shock per gli ascoltatori di musica pop dell'epoca". Il testo, infatti, parla di solitudine e depressione: argomenti che poco si addicono alla musica puramente commerciale. Il testo inizia con una riflessione: "Look at all the lonely people" (Guarda tutte le persone sole). I Beatles, ma qui sarebbe più corretto citare McCartney, focalizzano l'attenzione attorno a due soggetti: Eleanor Rigby ed un sacerdote, padre McKenzie. Eleanor Rigby non è un nome inventato: questa ragazza, infatti, è realmente esistita ed è sepolta nel cimitero di St. Peter. La donna è intenta a raccogliere del riso in una chiesa dove si è appena celebrato un matrimonio: la ragazza ha grandi speranze e attende, invano, l'arrivo di qualcuno che la porti via con sé. L'immagine della chiesa (vuota), evoca uno stato di profonda solitudine.

Dall'altra parte, invece, c'è un prete, McKenzie, che legge un sermone che nessuno ascolterà. La ragazza si trova nella stessa abbazia, ma i due non si incontrano, né si parlano: tra di loro c'è una sorta di muro invalicabile che ne preclude il contatto umano. L'epilogo, poi, è quanto di più triste possa accadere: la ragazza finisce per morire nella medesima chiesa e a celebrare la cerimonia funebre, manco a dirlo, sarà proprio padre McKenzie, in un funerale al quale nessuno parteciperà; i sostenitori del PID, vedono in questa frase un chiaro riferimento al presunto funerale di Paul, al quale nessuno, a parte i "tre" membri viventi della band, ha preso parte.

Di seguito vi proponiamo il testo tradotto dall'inglese e la canzone. Buon ascolto.


ELEANOR RIGBY

Ah, guarda tutte quelle persone che restano da sole
Ah, guarda tutte quelle persone che restano da sole

Eleanor Rigby raccoglie il riso
che è stato lanciato a un matrimonio.
Vive in un sogno.
Aspetta alla finestra,
ha lo sguardo che di solito conserva in una brocca dalla porta.
Per chi è?


Tutte quelle persone che restano da sole
Da dove vengono?
Tutte quelle persone che restano da sole
A che terra appartengono?

Padre McKenzie sta scrivendo le parole
di un sermone che nessuno ascolterà
Nessuno viene qui (vicino).
Guardalo lavorare.
Rammenda i suoi calzini in una notte in cui non c’'è nessuno.
Cos’'è che gli interessa?

Tutte quelle persone che restano da sole
Da dove vengono?
Tutte quelle persone che restano da sole
A che terra appartengono?



Ah, guarda tutte quelle persone che restano da sole
Ah, guarda tutte quelle persone che restano da sole

Eleanor Rigby è morta nella chiesa
ed è stata sepolta in lungo con su scritto il suo nome.
Nessuno è venuto (a vegliarla).
Padre McKenzie si pulisce
le mani sporche mentre cammina vicino alla tomba.
Nessuno fu salvato.

Tutte quelle persone che restano da sole
Da dove vengono?
Tutte quelle persone che restano da sole
A che terra appartengono?


                                          Fonte: Youtube, TheBeatlesVEVO


Mente libera, occhi aperti
                                          Lo Sciacallo, Marcus L. Mason

giovedì 9 febbraio 2017

ARRIVAL: LA FANTASCIENZA CHE ESPANDE LA SCIENZA


fonte: spietati.it

Cari lettori, si torna a parlare di cinema sulle pagine dello Sciacallo, e questa volta il film che intendiamo proporvi non è un cult, ma si tratta eccezionalmente di una pellicola uscita da poche settimane nelle sale italiane: si tratta di un film del 2016, per la regia di Denis Villeneuve, Arrival.

Come d'abitudine, una veloce introduzione sul regista in questione: Villeneuve nasce nel 1967 nel Québéc, regione francofona del Canada. Dopo qualche cortometraggio (punto di partenza per tantissimi registi importanti) esordisce nel lungo nel 1997 presentando al festival di Cannes Un 32 aout sur terre. Negli anni immediatamente successivi gira Maelstrom (2000) e un'altra serie di corti, vincendo anche diversi premi in Canada per questi lavori. Torna al cinema nel 2009 con Polytechnique, altra produzione canadese incentrata su un episodio di violenza avvenuto a Montréal nel 1989, allorché lo studente venticinquenne Marc Lépine uccide ben 14 studentesse all'interno del Politecnico prima di suicidarsi. Una sorta di Columbine canadese, precursore di ciò che avverrà per mano di Eric Harris e Dylan Klebold dieci anni dopo.


Il 2010 è un anno fondamentale per Villeneuve, poiché gira il film che inizierà a far circolare il suo nome a livello internazionale: parliamo de La donna che canta, incentrato sui tragici avvenimenti della guerra civile del Libano, combattutasi fra il 1975 e il 1990.
Grazie al successo di questo film, Villeneuve viene coinvolto in produzioni sempre più importanti, con sensibile aumento del budget e la possibilità di dirigere attori di fama. L'esordio "americano" del regista è Prisoners, del 2013, magnifico noir "nevoso" interpretato da Hugh Jackman e Jake Gyllenhaal. Non vi diciamo nulla della trama se non l'avete visto, ma vi suggeriamo caldamente di recuperarlo, trattandosi di un film davvero notevole.
Dopo un breve ritorno in Canada, dove gira Enemy (sempre con Gyllenhaal), adattamento del romanzo L'uomo duplicato, di José Saramago, presenta al Festival di Cannes 2015 Sicario, altro thriller ambientato nel mondo del narcotraffico tra Stati Uniti e Messico; film semplicemente splendido, con dei tempi di suspence impeccabili e attori molto in palla: protagonisti sono Emily Blunt, Benicio del Toro (mostruoso) e Josh Brolin.

Veniamo finalmente al 2016, quando al Festival di Venezia presenta il suo ultimo lavoro, appunto Arrival, ispirato al racconto Storia della tua vita, a sua volta contenuto nell'antologia di racconti Storie della tua vita di Ted Chiang.
La trama è molto semplice: all'improvviso, dodici astronavi extraterrestri arrivano sulla Terra sbarcando in dodici punti differenti del globo; la linguista di fama mondiale Louise Banks, interpretata in maniera magistrale da Amy Adams (attrice che recentemente è apparsa nell'altrettanto significativo Animali notturni, di Tom Ford), viene immediatamente cooptata dal governo degli Stati Uniti insieme al matematico Ian Donnelly, che ha il volto di Jeremy Renner. Costoro hanno il compito di provare a trovare la chiave per poter comunicare con queste creature, gli Eptapodi, che si esprimono attraverso un complesso linguaggio fatto di cerchi. Nel momento in cui si scoprirà la ragione del loro viaggio, le vite di tutti i coinvolti subiranno forti contraccolpi.

Possiamo tentare un'analisi della pellicola solo per sommi capi, dal momento che approfondire troppo significherebbe rovinare la visione a tutti coloro che il film se lo sono persi; gli spoiler sarebbero davvero inevitabili.
Partiamo dunque dal comparto tecnico: è chiaro che Villeneuve ha acquisito negli anni una spaventosa consapevolezza di se stesso e della macchina da presa; gira in maniera semplicemente sublime, con i suoi tipici movimenti di macchina sinuosi e avvolgenti, ma mai buttati a caso. Esattamente come nei precedenti Prisoners e Sicario si concede lunghi piani sequenza che mai infastidiscono, ma che al contrario conferiscono al film una continuità narrativa veramente invidiabile. La stessa fotografia non si discosta molto da quella degli altri lavori del regista; predilige dei toni molto freddi e algidi, il grigio, l'azzurro, il bianco, che fanno da perfetta cornice a un mondo, quello della protagonista, appiattito e apparentemente vuoto: nella prima scena del film, infatti, scopriamo che Louise ha subito una pesante perdita, che sarà molto importante nell'evolversi della vicenda.
In generale, dal punto di vista visivo, Villeneuve azzecca il film su tutta la linea, perché anche i famosi "gusci", come vengono chiamate le astronavi a causa della loro forma, sono di notevole impatto, grazie a delle splendide riprese in campo largo, specialmente se si visiona la pellicola in sala. Ma il canadese è un regista molto ambizioso e come sempre non si limita ad un mero esercizio di stile, al fine di mostrarci la sua abilità di cineasta; il suo obiettivo, a parere di chi scrive pienamente raggiunto, è molto più sostanzioso di quanto non possa apparire ad un livello superficiale. Arrival abbraccia temi di grande rilevanza per l'uomo e come ogni grande opera d'arte non pretende di dare risposte, ma di porre domande fondamentali. Villeneuve, che per la prima volta si cimentava con lo sci-fi, confeziona un film che utilizza il genere e i suoi stilemi (le astronavi, gli alieni, il nostro incontro con loro) per parlare di noi, dell'uomo e dei più grandi dubbi che albergano nella sua anima; presenti sono i temi della morte, della perdita, dell'amore, della capacità di fare scelte pesanti e assumersene la responsabilità, della paura del diverso; se conoscete Villeneuve, nient'altro che la sua poetica, quella di un vero autore. 
Nonostante questo, il fil rouge che contraddistingue ogni livello di lettura del film è quello dell'importanza del tempo, e di come decidiamo di percepirlo ed utilizzarlo; ma qui veramente non possiamo andare oltre, ci dobbiamo mordere la lingua. Aggiungiamo solo che il titolo del post forse lo capirete meglio una volta visto il film.

Possiamo perdonare all'ottima sceneggiatura di Eric Heisserer qualche piccola sbavatura narrativa, che viene a nostro giudizio surclassata dalla potenza visiva ed emozionale messa in gioco da Villeneuve e dai suoi attori, tutti strepitosi.
C'è chi ha tacciato il film di retorica e presunzione: noi ci permettiamo di dissentire sottolineando come preferiamo di gran lunga qualcuno che abbia come modello e fonte di ispirazione 2001-Odissea nello spazio, piuttosto che Twilight o Colpa delle stelle. Come va di moda dire oggi, sono gusti.

Mente libera, occhi aperti
                                            Lo Sciacallo, Marcus L.Mason

lunedì 6 febbraio 2017

LA STRANA MORTE DI BRUCE LEE: UN GIALLO MAI RISOLTO

                                                         Fonte foto: Wikipedia

Cari amici lettori, scusateci il ritardo. Per farci perdonare, abbiamo deciso di tornare con un argomento che da sempre ci affascina e che riguarda la morte di un mito indiscusso delle arti marziali cinesi e del cinema orientale: ci riferiamo chiaramente a Bruce Jun Fan Lee, meglio noto al grande pubblico come Bruce Lee.

Nato nella Chinatown di San Francisco il 27 novembre del 1940 da una coppia originaria di Hong Kong (anche se la mamma era di discendenze euroasiatiche) e penultimo di cinque figli, fece ritorno con la famiglia nella città del "porto profumato" dopo soli tre mesi. Il suo carattere esuberante lo portò a confrontarsi con la malavita locale e, per difendersi, decise di apprendere le tecniche di Kung Fu iscrivendosi alla prestigiosa scuola di Wing Chun (uno stile di Kung Fu), sotto l'insegnamento del maestro Yip Man, considerato un eroe in Cina in virtù dei suoi insegnamenti che hanno permesso a milioni di cinesi di bloccare l'avanzata nipponica durante la seconda guerra sino-giapponese.

Nel 1959, all'età di diciotto anni, il padre di Lee decise di mandarlo a vivere negli Stati Uniti, dove conoscerà Linda Emery che sposerà nel 1964 e con la quale darà alla luce due figli: Brandon (1965) e Shannon Emery (1969). In ambito marziale, Lee era attratto da qualsiasi tipo di disciplina che riteneva utile per migliorare le proprie prestazioni: nel '58 vinse il titolo interscolastico di boxe, e in seguito decise di allargare gli orizzonti abbinando quanto appreso dalla nobile arte con qualche rudimento di scherma; Lee si sottoponeva a dure sessioni di allenamenti, arrivando ad utilizzare tecniche del culturismo. Un approccio maniacale alla disciplina, che lo avrebbe portato, in seguito, a elaborare un nuovo stile, il Jeet Kune Do. Nel '70, dopo un incidente occorso in allenamento, iniziò a dedicarsi anche alla spiritualità e alla filosofia, affascinato dagli scritti di Jiddu Krishnamurti.

Spesa questa parentesi introduttiva possiamo concentrarci sul lascito artistico di Lee e della sua morte accidentale, che forse tanto accidentale non fu. Chiunque abbia visto i suoi film, si sarà subito accorto degli enormi messaggi politici contenuti nelle pellicole. I temi più ricorrenti riguardano il patriottismo cinese, la denuncia delle ingiustizie compiute dai giapponesi ai danni del popolo cinese; inoltre, nelle sue opere, il popolo cinese prende conoscenza della propria condizione di schiavo e si unisce per ribellarsi, attraverso l'uso delle arti marziali, contro gli usurpatori nipponici. I protagonisti dimostrano che il Kung Fu ha la meglio sul Karate giapponese e che solo attraverso la lotta (l'uso della violenza come mezzo ultimo e necessario), il popolo può liberarsi dalle angherie e i soprusi attuati dai rivali giapponesi in territorio cinese. Ma la denuncia non prende di mira solo i giapponesi: in ogni film, infatti, è sempre presente la figura del cinese traditore, accomodante col potere giapponese.

Pellicole strepitose, opere miliari della storia del cinema, riconosciute anche da registi di fama internazionale come Quentin Tarantino, un fan dichiarato di Bruce Lee (basta vedere Kill Bill) e, in particolare, del regista dei suoi primi film, Lo Wei (1918-1996), una figura controversa che, secondo alcuni, sarebbe legata alla morte dell'attore di origini cinesi e tra non molto scoprirete perché.

Lo Wei, famoso regista cinese, diresse Bruce Lee in due pellicole: ne "Il furore della Cina colpisce ancora" (1971) e in "Dalla Cina con furore" (1972), un film straordinario, dedicato alla memoria di Huo Yuanjia, maestro cinese morto in circostanze sospette e di cui il film dà una sua versione dell'accaduto, prendendo spunto dalla versione popolare cinese che lo vuole ucciso per mano dei giapponesi. In seguito Lee fu diretto nel 1973 dal regista statunitense Robert Clouse ne "I tre dell'operazione Drago". Nel 1972 uscì "L'urlo di Chen terrorizza anche l'occidente", un film scritto, diretto e interpretato da Lee, che lanciò un allora esordiente Chuck Norris: un film in verità poco riuscito, almeno dal punto di vista artistico, se si esclude la scena finale in uno scenario mitologico come il Colosseo.

Bruce Lee muore ad Hong Kong il 20 luglio 1973, nella casa dell'attrice Betty Ting Pei, dopo aver ingerito una pillola di Equagesic per placare l'emicrania che lo aveva afflitto, morendo nel sonno. Correttamente, occorre riportare le testimonianze di numerosi attori presenti nel cast de I tre dell'operazione Drago, che raccontano di un improvviso malore che avrebbe colpito il giovane Lee durante le sessioni di doppiaggio del film: un attacco di febbre, vomito e convulsioni minò la vita di Bruce e solo una tempestiva somministrazione di mannitolo limitò l'edema cerebrale riducendo il gonfiore al cervello.

Cosa c'è dietro la morte dell'attore? Si tratta di morte accidentale o di omicidio? Per chi esclude la morte accidentale ci sono pochi dubbi: proprio a causa dei contenuti politici presenti nei suoi film, poco teneri nei confronti dei giapponesi, Lee sarebbe stato ucciso dalla Yakuza.

Ma questa tesi non convince pienamente. Un'altra pista, porta invece a un insospettabile: Lo Wei. Sul regista cinese giravano voci che lo vedevano implicato in affari che convolgevano le Triadi, le mafie cinesi. E' bene ricordare che il cinema di Hong Kong era interamente controllato dalla mala cinese. Non molti sanno che Bruce Lee ebbe una lite feroce con Lo Wei. Non si sa cosa si siano detti, ma c'è chi sospetta che Lee avesse minacciato il regista di denunciare il suo coinvolgimento nelle Triadi e il sistema. Oppure, possiamo immaginare che la lite avesse come contenuto la ripartizione dei guadagni. Ma si tratta come sempre solo di ipotesi.

Infine, c'è la sinistra profezia del padre dell'attore, che già nel 1935 aveva indicato con precisione la data della morte del figlio. Una profezia che si rivelò maledettamente esatta e che a noi de Lo Sciacallo fa pensare alle tante morti annunciate e calcolate con largo anticipo con matematica precisione dai Rosacroce. Senza contare poi la morte del figlio, morto in circostanze che definire sospette è un eufemismo: Brandon, infatti, morì esattamente con le medesime dinamiche del personaggio interpretato dal padre nel suo film postumo, "L'ultimo combattimento di Chen". Forse Brandon stava scoprendo la verità sulla morte del padre? Non lo sapremo mai, purtroppo.

Eppure gli indizi sono tanti, troppi. Concludiamo questo articolo invitandovi alla visione dei film sopracitati. Siamo certi che non ve ne pentirete.

Mente libera, occhi aperti
                                          Lo Sciacallo, Marcus L. Mason


venerdì 20 gennaio 2017

PORAJMOS: IL GENOCIDIO DIMENTICATO DEL POPOLO ROM

                                         La bandiera del popolo Rom, Wikipedia

A sette giorni dal "Giorno della Memoria", la ricorrenza internazionale con cui si commemorano le vittime dell'Olocausto, noi dello Sciacallo vogliamo ricordare ai nostri lettori un genocidio dimenticato, uno dei tanti: quello del popolo Rom e Sinti. Quando si parla di Fascismo e Nazismo, si tende sempre a ricordare solo ed esclusivamente le vittime ebree dei campi di sterminio, disinteressandosi, invece, di tutte le altre.

E' bene ricordare che nei lager, insieme al popolo ebraico, c'erano anche comunisti, socialisti, gay, down e portatori di handicap, malati mentali, lesbiche e Rom. Porajmos (traducibile come "devastazione" o "grande divoramento") è il termine con cui il popolo Rom e Sinti identifica il proprio sterminio perpetrato dai nazisti: uno sterminio che, secondo quanto stimato, provocò la morte di circa 500000 individui. Purtroppo, a causa dei pregiudizi che da sempre si portano dietro molti di essi, tale eccidio è finito ben presto nel dimenticatoio.

Uno dei massimi simpatizzanti nonché pensatore delle leggi razziali contro i Rom fu il dottor Robert Ritter, che stava svolgendo degli studi riguardo l'evoluzione della razza, ponendo quella ariana al primo posto, come da copione. Il 14 dicembre 1937, proprio in seguito a questi folli esperimenti, si ritenne assolutamente indispensabile l'arresto di queste popolazioni, perché "geneticamente criminali". Pura follia.

Ma la demenza e la crudeltà umana toccò il picco più alto il 9 gennaio 1938, quando il giurista austriaco, Portschy Gauleiter, scrisse una missiva al ministro del Reich, D. Lammers, proponendo una soluzione definitiva alla "questione zingara", ovvero, la sterilizzazione. Fu ordinato di sterilizzare tutte le donne sposate con uomini "ariani" all'ospedale di Düssendorf-Lierenfeld, comprese quelle incinte, che morirono durante i trattamenti. Più avanti, fu ordinato di estendere questo provvedimento anche ai bambini che avevano superato il dodicesimo anno di vita. Questi atti criminali venivano compiuti previa una forma di autorizzazione (chiaramente sotto coercizione)  e questi documenti vennero presentati dai nazisti durante il celebre processo di Norimberga come prove per discolparsi.

Ci sono stati anche tentativi di rivolta, come quella del 16 maggio 1944, che andò a buon fine. Tuttavia, nella notte del 2 agosto, 2897 di loro trovarono la morte nel crematorio numero 5, vicino allo Zigeunerlager. Molti ebrei italiani ricordano con immenso dispiacere tale avvenimento, perché queste popolazioni, attraverso la loro musica e i loro canti, riuscivano a dare conforto e a tenere accesa la speranza al campo di sterminio di Birkenau. Molti cosiddetti "zingari" che erano riusciti a sfuggire alle persecuzioni si unirono alla Resistenza e il resto è storia.

Ci sembrava doveroso ricordare questo sterminio, specialmente in un momento come questo, dove populismi beceri alla Salvini, stanno prendendo piede tra le genti in forme allarmanti. Vi lasciamo con il bellissimo inno Rom, composto nella versione originale dal musicista Jarko Jovanovic e con le parole di Karl Stojka:

"Noi Rom e Sinti siamo come i fiori di questa terra.
Ci possono calpestare,
ci possono eradicare, gassare,
ci possono bruciare,
ci possono ammazzare -
ma come i fiori noi torniamo comunque sempre"


                                        Fonte youtube: UbermenschMagician

Per non dimenticare.

Mente libera, occhi aperti
                                          Lo Sciacallo, Marcus L. Mason

giovedì 12 gennaio 2017

LO SCIACALLO COMPIE UN ANNO

                                          Fonte foto: pixabay.com

Il 12 gennaio 2016, sul web, nasceva Lo Sciacallo. Oggi, a un anno di distanza, ripercorriamo, seppur in breve, la nostra storia. Quando abbiamo aperto questo blog ci siamo posti un unico obiettivo: quello di far venire voglia a chi lo frequenterà di porsi delle domande. Di diventare curiosi. Di insinuare quella di stilla di dubbio che rende la nostra vita piena di sfumature differenti. E quindi molto più interessante. Proprio con queste parole ci presentavamo al mondo variopinto del web, tra pseudo complottisti e soggetti che pensano di aver compreso tutte le dinamiche del globo con alterigia e arroganza assolutamente speculari al potere che si prefiggono di combattere.

No, noi non siamo così. Ve lo abbiamo sempre scritto, sin dal nostro primissimo articolo "Arriva lo Sciacallo". Il nostro compito è quello di cercare di risvegliare le coscienze delle persone, di porsi degli interrogativi, di cercare di cooperare insieme per provare a comprendere, entro i nostri limiti, la realtà che ci circonda, senza distribuire alle genti verità assolute. Del resto, parafrasando Socrate, noi siamo pienamente consapevoli di "non sapere". La nostra è una ricerca continua, un work in progress, per dirla all'inglese. Spesso siamo partiti da un assunto e, andando avanti con gli studi, siamo giunti ad altre conclusioni. E non è detto che queste siano quelle corrette.

In questo nostro percorso abbiamo conosciuto personaggi incredibili e illustrissimi: Mauro Biglino, Bruno Mautone, Glauco Cartocci, fino a diventare amici di Gianfranco Carpeoro e Paolo Franceschetti, persone che stimiamo moltissimo sia dal punto di vista professionale che umano, come tutte le persone intervistate dallo Sciacallo. In particolare, è proprio grazie all'aiuto di queste persone straordinarie che abbiamo acquisito nuove conoscenze e fonti dalle quali attingere e lavorare. Abbiamo scoperto e vi abbiamo raccontato che la realtà che ci circonda è molto alterata da forze provenienti da ambienti deviati della Massoneria, della Chiesa cattolica, del sistema finanziario e bancario, che possono operare grazie soprattutto alla complicità delle masse, inermi e silenti, che si fanno dominare con estrema facilità, ma che alla prima critica sono pronte a scagliarsi contro politica e sistema, probabilmente in un'opera di autoassoluzione.

Ma questo è anche il primo articolo del nuovo anno, il 2017: un anno che non promette nulla di buono, tra attentati e giochi di potere internazionali. Ma d'altronde, è sempre andata così. Noi continueremo a scrivere e a porvi interrogativi e riflessioni, nella speranza di trasmettervi qualcosa di diverso dalle solite trashate mediatiche e alla moda. Continueremo a occuparci anche delle arti: in particolare di musica e cinema, facendovi scoprire artisti e personaggi indiscussi del mondo artistico ma anche letterario. Continueremo a proporvi interviste e, magari chissà, un libro di nostra mano. Insomma, i progetti in cantiere sono tanti. Voi continuate a seguirci, sia sul blog che sulla nostra pagina FB. Infine, cogliamo l'occasione per augurare a tutti un buon 2017.

Mente libera, occhi aperti
                                          Lo Sciacallo, Marcus L. Mason